Bologna, Palazzo Albergati, 7 maggio – 26 settembre 2021
a cura di Stefano Piccoli e Mauro Uzzeo
ARF! Festival di storie, segni & disegni
Organizzatore: Piuma in collaborazione con Arthemisia
La mostra dedicata a Andrea Pazienza (San Benedetto del Tronto, 1956 – Montepulciano, 1988), fumettista, disegnatore, illustratore e pittore, presenta oltre 100 opere provenienti dagli archivi delle persone a lui più vicine come il fratello, la sorella, la moglie e altri, tra tavole originali dei fumetti e opere pittoriche fatte con i materiali più diversi: dai pennarelli alle tempere, dalle matite ai colori acrilici e molto altro.
Partendo dalla produzione artistica di Andrea Pazienza, che poggia sui tre pilastri Pentothal, Zanardi e Pompeo, la mostra è un viaggio nella vita dell’artista e tra le vie di una Bologna resa calda dai movimenti studenteschi del ’77.
Un racconto di rivolte, amori, guerre politiche e turbamenti vissuti da una generazione di meravigliosi sognatori che hanno inciso sulla loro pelle una via crucis di libertà e rivoluzione.
Ma non solo: all’improvviso, gli scatti straordinari e preziosi di Enrico Scuro, unanimemente considerato “il fotografo del movimento del ’77 bolognese” dove è proprio quell’articolo determinativo – IL – a fare la differenza!
Stefano “S3Keno” Piccoli e Mauro Uzzeo – ARF! Festival
Umberto Eco chiede la parola alzando il dito. Siede a un banco, tra gli studenti riuniti in assemblea nelle aule del DAMS di Bologna: si discute se saltare gli esami o sospendere l’occupazione dell’università che va avanti da oltre un mese. La foto è di Enrico Scuro, è il 3 marzo 1977, periodo cruciale per “gli anni dì piombo“. La stagione della grande rabbia, di molotov e barricate, della lotta armata, delle P38 esibite nei cortei, del “colpirne uno per educarne cento“.
Autonomia operaia scende in piazza coi fazzoletti annodati sul volto e i sampietrini in mano. “Il personale è politico“, è la lezione delle femministe confluita nel movimento. Ogni azione è una scelta, ogni scelta un’arma. La tensione con la sinistra tradizionale è alle stelle, a Roma si spara contro fascisti e forze dell’ordine.
Non ancora a Bologna, che in quel periodo è un vivaio innocente di sperimentazioni e utopie, laboratorio a cielo aperto di controcultura. Pullula di studenti fuorisede, 100mila in una città di mezzo milione di abitanti, sbarcati dagli angoli più remoti di Puglia, Calabria, Sicilia. Per loro, il sole sorge e tramonta ogni giorno in piazza Verdi, cuore pulsante della cittadella universitaria. Discussioni fiume, sigarette, assemblee nelle facoltà occupate di Lettere, Filosofia, Giurisprudenza si sciolgono in cortei notturni improvvisati, carovane colorate per la città, esplodono nelle feste al DAMS. Che è il primo corso di laurea in discipline delle Arti. della Musica e dello Spettacolo. Unico in Italia, rivoluzionario in tutto. Con una grande ambizione: abbattere le barriere tra cultura accademica e società, mescolare l’arte e la vita.
Partorisce avanguardie: dai Dada-Dams, gli indiani metropolitani che si dipingono la faccia e si lanciano in happening e performance, ai fumettisti di Cannibale, la rivista-palestra di Andrea Pazienza, Filippo Scòzzari, Stefano Tamburini, fino alle leggendarie Il Male e Frigidaire. Parola d’ordine: provocare e trasgredire, coniare nuovi linguaggi.
Sono gli anni difficili del Compromesso storico, dei sacrifici e dell’austerità. “Lavoratori, stringetela cinghia!” dice il segretaria della CGIL, Luciano Lama. “Lavorare meno, lavorare tutti”, ribattono i giovani del ‘77. “Viva il marxismo, viva il leninismo, viva il comunismo di Mao Tze Kung!”. E’ il Bildungsroman di una generazione situazionista che sogna di liberare “i desideri dalle galere del quotidiano” e decretare “lo stato di felicità permanente”, scrive la rivista del collettivo A/Traverso.
A Bologna, la rivolta si tinge di trasgressione e feroce ironia. Risuona nel punk demenziale degli Skiantos, nel Mamma dammi la benza dei Gaznevada, e corre sulle frequenze di una radio libera di nome Radio Alice. E’ nata nel 1976 in via del Pratello 41, senza palinsesto, microfono aperto H24, “per dare voce a chi non l’ha mai avuta”. Firma l’avventura, tra gli altri, il filosofo Francesco Bifo Berardi. E’ il megafono delle manifestazioni, Alice, e dei bollettini di guerra.
Il più tragico lo trasmette l’11 marzo, ed è una scarica elettrica. Quella mattina, un gruppo di studenti è andato a contestare un’assemblea di Comunione e Liberazione che ha espulso con la forza alcuni giovani di sinistra. Interviene la polizia, volano le molotov, partono le cariche. Massimo Tramontani, giovanissimo carabiniere alla guida di un furgone carico d’armi che stava prendendo fuoco, spara. In via Mascarella, resta un muro bucato dai proiettili, a terra un corpo senza vita: è lo studente Francesco Lorusso, militante di Lotta Continua. Ha solo 25 anni. “Ammazzato dalla polizia di Cossiga, ammazzato dai carabinieri, ammazzato senza una ragione”, annuncia Radio Alice. La reazione non tarda ad arrivare: vetrina in frantumi, sassaiole, barricate. Quel pomeriggio, il movimento assalta la sede della DC e dà battaglia in stazione.
Per Bologna è la perdita dell’innocenza. La repressione, i giorni seguenti, è durissima. L’università, ritenuta il covo della sovversione, viene sgomberata, Radio Alice spenta con la forza della polizia, arrestati i cinque redattori, la città assediata dai carri armati mandati dal Ministro dell’Interno Cossiga. E’ la prima volta che accade nella storia dell’Italia Repubblicana. Per molti l’11 marzo è la fine di un sogno. Lo schianto dopo l’assalto al cielo.
Silvia De Santis