In fiamme. La performance nello spazio delle lotte (1967-1979)
a cura di Ilenia Caleo, Piersandra Di Matteo, Annalisa Sacchi
Editore: Bruno (Venezia), 2021
E’ il primo volume collettivo prodotto dal gruppo di ricerca di INCOMMON (In praise of community Shared creativity in arts and politics in Italy (1959-1979), finanziato dall’European Research Council e di base all’Università IUAV di Venezia)
Il volume interroga la scena del lungo Sessantotto in Italia nel tentativo di far emergere le forme relazionali, affettive e collaborative tra i/le protagonisti/e, le performance e le nuove forme politiche espresse dalle lotte e dai movimenti attivi in quel periodo.
“In fiamme comincia in gruppo. È il frutto di una pluralità di posture che si afferma contro ogni posizione magistrale. Si nutre di una politica del sapere che sovverte l’economia della conoscenza fondata su individualità e separatezze.
Il nucleo di questo lavoro scaturisce dal desiderio di rendere conto di un “Laboratorio italiano” che sul piano delle lotte, ma anche delle forme di vita e delle immaginazioni, ha segnato punte di radicalità e mutazioni travolgenti – e solo in parte, ci pare, è stato sondato dalla teatrologia. È dunque dalle acquisizioni critiche del presente e mettendo all’opera ipotesi inedite che tentiamo di aprire uno sguardo trasversale, facendo reagire l’incandescenza della materia scenica con il fuoco delle lotte (e con le sue crepe) e viceversa.
La singolarità di percorsi, generazioni e pratiche che è rappresentata dalle autrici e dagli autori che abbiamo qui raccolto si incontra intorno a una questione comune, l’urgenza di fare il punto sulle forme che animano la relazione tra arte e politica e le “lotte per il teatro”, non solo dal lato dell’attivismo e della militanza, ma anche da quello delle sperimentazioni estetiche e linguistiche, delle prassi, dei processi produttivi sia simbolici che materiali. Metterci in relazione con la materialità storica, racchiusa tra le due date 1967-1979, ci consente di passare al vaglio e dare consistenza a prospettive teoriche aperte oggi sulla corporeità, sulle istituzioni, sulle soggettività, sulle istanze contro-egemoniche, sulla produzione del sensibile. È un approccio genealogico ed epistemologico dunque, oltre una pratica di riattivazione dell’archivio che spesso sommerge e invisibilizza i suoi margini.
Proponiamo allora a chi legge di attraversare questo volume con un movimento diagonale e a più direzioni. Memoria viva di un futuro che è anche, già, anteriore. Assumiamo qui, dilatandone l’ottica, la lente interpretativa del lungo Sessantotto, intesa come uscita dalla cronologia dell’evento rivoluzionario verso la temporalità dell’insurrezione ininterrotta e policentrica; e vorremmo estendere tale ipotesi anche alle sedimentazioni stratificate e talvolta sconnesse del lavoro della scena e dei suoi soggetti. Dissesto di un ordine del mondo, nella potenza istituente di un inizio che continua ad accadere, ce n’est qu’un début, nella moltiplicazione dei mondi che le lotte e il pensiero decoloniali ci hanno insegnato a riconoscere.
È dalla chiamata del Convegno di Ivrea nel 1967 e dalla scrittura del Manifesto, dalla forza con cui si trasmette e si radica nel presente, che facciamo simbolicamente iniziare le molteplici lotte per il teatro. Ci siamo rivolte al Convegno del Nuovo Teatro con uno sguardo antimonumentale e non agiografico, così che le istanze, le forze e i desideri espressi allora diventino terreno di un confronto necessario con l’oggi, con le pratiche artistiche e le sue pronunce. E come il Convegno del Nuovo Teatro riunì artisti, intellettuali, critici e operatori portando a visibilità un orizzonte comune che prima di allora era forse intuito, ma non pienamente praticato, così in questo volume si ribadisce la necessità di un sapere che fa spola tra esperienza e teoria, tra passato e presente, tra rigore e promiscuità.
Il Nuovo Teatro, i tentativi di radicalizzare il decentramento, l’affermarsi della scrittura scenica sono fenomeni che intrecciano il 1968 e il 1969, le grandi mobilitazioni di studenti e operai che, insieme, sottoposero a una critica serrata lo statuto di poteri e saperi, la divisione tra lavoro manuale e intellettuale. L’operaio massa, preso dentro un lavoro “dipinto” in forme sempre più astratte dal fordismo, confinato nei palazzoni delle nuove periferie urbane, nell’autunno del 1969 decise di “volere tutto”. E questa euforia contagiò le arti. Non solo e non tanto nella misura in cui queste offrirono la propria organicità al movimento, ma per quelle tensioni che, attraversate, si materializzarono in tentativi di rivoluzione contro gli statuti egemoni. Questa costellazione di oggetti eterogenei, nel senso comune e nella narrazione dei protagonisti, richiama un tempo di liberazioni, di scoperta, di inizi.
Si tratta altresì di rompere con l’idea deterministica che gli inizi contengano già in nuce la fine, parola mai declinata al plurale, perché la fine è avvertita come perentoria, restauratrice, una. Il punto terminale della storia che attraversiamo in questo volume coincide con uno scomodo anniversario extra-teatrale: il processo del 7 aprile 1979, in cui venne sferrato un colpo durissimo all’Autonomia Operaia, e posto un sigillo sulla sconfitta del movimento del lungo Sessantotto. Con l’occhio del teatro, delle arti performative e visive – in piedi su quel punto nel tempo – guardiamo alle spalle di quell’avvenimento, riavvolgendo gli eventi nella rete che tiene i due margini, 1967-1979. Vogliamo sfidare la narrazione che vede la fine dei Settanta come un esaurimento dell’istanza di democratizzazione radicale che aveva interessato anche la dimensione estetica. Il passaggio agli Ottanta, riassunto sotto l’etichetta del postmoderno, fenomeno pur complesso e irriducibile a una lettura univoca, viene infatti percepito come un momento di imperante ritorno all’ordine nelle estetiche e nella politica: il pensiero debole, l’affermazione del neoliberismo su scala globale, il pastiche, la citazione e via così.
Basta poco, però, per complicare questo racconto lineare, per rompere una filosofia della storia che procede per segmenti omogenei. Prima del 1979, infatti, c’era stato molto, un molto che non può essere intrappolato nell’ideologia della sconfitta e ridotto alle posizioni delle avanguardie armate, e che germinerà ancora a lungo, in maniera più o meno carsica, più o meno insorgente. Il femminismo italiano (con un forte debito da tributare ad alcune donne provenienti dal mondo dell’arte, Lonzi tra tutte), sbocciato da uno “sputo su Hegel” e sulla dialettica che rimaneva, anche con Marx, un affare tra maschi. L’operaio sociale, la rivolta della gioventù precaria nelle città-fabbrica della crisi economica. L’ala creativa del movimento, ovvero la morte dell’autore che, da questione saggistica, si manifestava nella prassi come creazione di nuove forme di comunicazione evita. Più che a cesure e periodizzazioni dunque, più che alla bilancia del valore (tutta maschile) che misura in vittorie e fallimenti, è a un’epistemologia del groviglio che conviene rivolgersi. Per interrompere il tempo unico e far emergere le contro-storie, i margini senza parola, i lembi sommersi. Temporalità simultanee e ingarbugliate, che richiedono altri strumenti critici, più sensibili.
Questo nostro “repertorio” – che attinge a diverse collezioni pubbliche e private – è coordinato da una precisa cronologia di riferimento. Un periodo, quello del lungo Sessantotto, in cui l’assalto a un nuovo orizzonte di politiche, estetiche e visibilità accomuna la sperimentazione teatrale e lo spazio delle lotte. Con il desiderio di dare campo a questa alleanza sospesa, abbiamo associato fotografie di scena e fotografie di piazza, immaginando un sistema fluido di richiami, arresti, similitudini, contrasti. In questo caso, come nella selezione di alcuni documenti e scritture cruciali del lungo Sessantotto del teatro italiano che qui ripubblichiamo, agitiamo l’archivio, provando a istituire nuove memorie e connessioni per il presente.”
Con testi di Ilenia Caleo, Piersandra Di Matteo, Annalisa Sacchi, Toni Negri, Marco Baravalle, Lorenzo Mango, Maurizio Lazzarato, Alessandro Pontremoli, Stefano Tomassini, Franco Berardi Bifo, Gianni Manzella, Lucia Farinati, Marco Solari, Francesca Corona, Giorgio Barberio Corsetti, Riccardo Caporossi, Kinkaleri, Giada Cipollone, Lea Melandri, Marion D’Amburgo, Viviana Gravano, Marcella Campagnano, Valeria Graziano, Silvia Bottiroli, Silvia Fanti/Xing, Stefano Brilli, Giuseppe Allegri, Enrico Pitozzi, Maria Grazia Berlangieri, Ippolita Avalli, Caterina Serra, Valentina Valentini, Nicolas Martino, Daniele Vergni, Marco Assennato, Gregory Sholette, Michele Di Stefano.