
«I Ragazzi del ’77», racconto per immagini di una generazione
di Paolo Merlini
La Nuova Sardegna
11 gennaio 2012

Tutto è cominciato per caso, poco meno di un anno fa. Enrico Scuro, bolognese, fotografo e regista televisivo, pubblica sulla sua pagina di Facebook un album di immagini. Titolo: i ragazzi dei ’77.
Ad attrarre l’attenzione è soprattutto una foto che ritrae Dario Fo mentre parla dal palco in piazza 8 Agosto, davanti a una folla sterminata. È il 25 settembre 1977, si è appena concluso il Convegno sulla repressione che per tre giorni ha portato a Bologna oltre centomila persone: è la sintesi e la fine, se vogliamo, del movimento nato pochi mesi prima: sulle ceneri mai spente del Sessantotto, e chiude idealmente un anno in cui gli eventi si sono succeduti a un ritmo incalzante.
In poche ore la foto e l’album di Enrico Scuro raccolgono centinaia di «mi piace», molti commentano «io c’ero», come ricorda Marzia Bisognin nella prefazione a «I Ragazzi dei ’77 -Una storia condivisa su Facebook», ii libro appena pubblicato da Baskerville e Sonic Press (544 pagine, 1272 fotografie, 45 euro).
Un romanzo generazionale per immagini, è stato definito, perché da quello iniziale gli album fotografici messi online da Enrico Scuro sono diventati più di quindici per un totale di oltre tremila foto. Al ricchissimo e prezioso archivio del fotoreporter bolognese (un suo scatto di allora è stato esposto nella grande mostra «Fare gli italiani» organizzata a Torino per li 150esimo dell’Unità) si sono aggiunte le immagini inviate da tanti, foto dimenticate nei cassetti o conservate come reliquie, all’apparenza ricordi personali eppure tali da consentire, insieme, la composizione di un affresco su un’epoca e una generazione, appunto i ventenni di quegli anni. Piovute sulla scrivania, o meglio sui desktop di Scuro, sono diventate pixel su pixel le voci di una narrazione corale, nostalgica ai punto giusto, senza troppe sbavature.
L’atto successivo è stato il passaggio dal social network più discusso quanto frequentato a un libro vero e proprio. Un volume molto bello che rappresenta anche un tentativo riuscito di trasferire su carta, con sequenze efficaci i commenti alle immagini con nome e cognome dell’autore, conservando il sapore dell’istintività che spesso tali post hanno su Fb. In realtà il lavoro di Enrico Scuro, affiancato da Marzia Bisognin e Paolo Ricci è ben più complesso e tenta di raccontare, sia pure in modo disincantato e autoironico, o critico dove necessario, un pezzo di storia del nostro Paese, non solo di Bologna che è l’epicentro del volume e, a guardar bene, del movimento del ’77.
È infatti nella città emiliana, prima che altrove, che prende corpo l’ala creativa della protesta studentesca, favorita anche dalla presenza di decine di migliaia di universitari «fuori sede» (lo stesso Scuro è originario di Taranto), da corsi di laurea come il Dams, oltre che da una tradizione democratica ben radicata nella città che Pasolini definiva «comunista e consumista». Anche se è proprio con il Pci che si consumerà il primo strappo della sinistra extraparlamentare.
Qui nascono gli indiani metropolitani, qui c’è l’esperienza di Radio Alice. È il rifiuto dei dogmi, il richiamo alle avanguardie, Dada in testa. Ma su questo pesa, come il vento dell’ala dell’ imbecillità di Baudelaire, il ricorso alla violenza, talvolta armata. In una città allora solo sfiorata dalle Br, l’autonomia operaia fa la voce grossa e provoca disastri. C’è anche questo nel libro di Scuro, ma ci sono soprattutto Umbria Jazz, i cortei colorati, i fricchettoni e i rocchettari, le femministe, Parco Lambro, quelli che andavano in India o a vivere in campagna. Un’epoca, insomma.