
Il patchwork del ’77 attraversa il web
di Carlo Infante
l’ Unità
12 gennaio 2012

Avete presente quelle coperte, dette anche trapunte, fatte di tante pezze diverse? Sono i patchwork, parola e oggetto inventati dai pionieri americani di un paio di secoli fa per riciclare frammenti di tessuti diversi, consunti e straziati dal tempo. È una delle migliori metafore per intendere il principio ipertestuale del web: una combinazione di frammenti che hanno una loro autonomia, una loro storia e anche una geografia. Si collegano punti diversi tra loro, indipendenti l’uno dall’altro. Ma intimamente interconnessi. È più efficace della stessa metafora espressa da web, parola che significa ragnatela e presuppone qualcosa fatto da uno solo, il ragno. Meglio patchwork: grande coperta connettiva, aperta a ogni implementazione di frammenti di tessuti diversi.
Ringrazio Marzia Bisognin per questa intuizione, nel suo intervento introduttivo al libro fotografico di Enrico Scuro I ragazzi del ’77, mentre scrive delle pratiche di sostegno collettivo che gli Amish facevano alle giovani coppie di sposi, producendo una trapunta, un patchwork appunto.
Arrivo al punto: è dall’album fotografico sul Movimento del ’77 a Bologna, pubblicato mesi fa su Facebook dal fotografo Enrico Scuro, che s’è sviluppato, in una sorta di gioco combinatorio di memorie emozionali lanciate in rete, un patchwork di informazioni sul vissuto di quella stagione calda, non solo per i conflitti ma per la densità di relazione umana che è stata espressa da una generazione messa poi all’angolo. Facebook ha messo in circolo il valore straordinario di una memoria fatta di microstorie, sperimentazioni vitali e tensioni creative che la Storia ha liquidato come «anni di piombo».
A quel messaggio in bottiglia lanciato sul social network hanno risposto in centinaia. Non solo commenti e ricordi ma frammenti di un discorso poetico e politico che è rimasto compresso, schiacciato e irrisolto. In quelle microstorie c’è la creatività tecnologica che ha creato una delle radio più libere, Radio Alice, c’è la qualità dell’auto-organizzazione e di un pensiero ecologico che anticipava le strategie green e l’inter-operabilità sostenibile.
Ci sono le facce, splendide e scanzonate, di un popolo che non è riuscito farsi società, evaso in terre lontane ad oriente e immerso nelle sperimentazioni underground che oggi però si rivelano giacimenti di intuizioni per attraversare gli scenari aridi della grave crisi di transizione. Quelle facce, oltre che dalle foto di Scuro, arrivano dai cassetti rivoltati per partecipare al gioco connettivo avviato su facebook e ora pubblicato in un volume con più di 1200 foto. Il libro, edito da Baskerville – SonicPress, verrà presentato martedì 17 alla Libreria Coop Ambasciatori di Bologna.