
Il Settantasette raccontato da Facebook
Un libro raccoglie, più di trent’anni dopo, le foto personali uscite dai cassetti
di Cesare Sughi
Il Resto del Carlino
17 gennaio 2012

E’ la prima volta del Settantasette narrato via Facebook. Il primo autoritratto di una comunità, di una rete dei giovani di quegli anni, a Bologna, costruito con le foto personali uscite, più di trent’anni dopo, dai cassetti, e corredate da commenti spesso ironici.
Anche Enrico Scuro, l’autore del volume I ragazzi del 77, edito da Baskerville e Sonic Press, è uno di loro, uno studente fuorisede venuto a Bologna da Taranto per fare il Dams e che allo scoppio dello rivolta ha 25 anni. «Ero un fotografo free lance, oggi faccio il webmaster e lavoro all’Antoniano. E ho ripreso a fotografare».
Oggi, alla presentazione nella libreria Ambasciatori (ore 18 con Luca Alessandrini, Pino Cacucci, Michele Smargiassi e Filippo Scozzari) Scuro, che si è valso della collaborazione di Maria Bisognin e Paolo Ricci, racconterà di un’avventura iniziata per caso. «Nel febbraio scorso – spiega – ho messo su Facebook una trentina di mie foto di quell’anno, c’erano Dario Fo in Piazza XIII Agosto che sarebbe poi stato al Palasport, il convegno di settembre sulla repressione, e ho chiesto a chi c’era in piazza per Fo di taggarsi, cioè di far riconoscere il proprio volto. Bene, giorno per giorno è piovuta sul mio profilo una miriade di foto, di messaggi di persone che non si vedevano più da allora. Alla fine dell’anno le foto uscite dai cassetti erano circa 3.500». E quante ne sono entrate nel libro: «Per l’esattezza 1.272, inviate da oltre 600 amici» .
Non un reportage, dunque, anche se non mancano le istantanee degli scontri, dei cortei, delle manifestazioni, le feste, murales di via Zamboni, Radio Alice, il Drago degli Indiani metropolitani, i funerali di Lorusso, la Festa della Gioventù di Ravenna, il Living, la musica, il sogno hippie. Non mancano i leader. «Ma il mio proposito è stato quello di ricostruire un’antropologia, una comunità». E che cosa rispondere a chi sostiene che, alla fine, vinsero l’autonomia, la linea della violenza, contro la cosiddetta ala creativa? «No, a Bologna non fu così. I due aspetti si equilibrarono, anche grazie al Dams, qui l’autonomia non prevalse mai. Quando accadde, al convegno di settembre, fu per una scelta nazionale». Resta un’eredità? «La voglia di vedere le cose con i propri occhi. Questo è lo spirito del Settantasette. E del libro».