Roma, 10 maggio 1978
“L’onorevole Aldo Moro, presidente della Democrazia cristiana, è stato barbaramente trucidato. Il corpo è stato trovato, coperto da una giacca blu, sul sedile posteriore di una « Renault R» rossa parcheggiata in via Caetani, una traversa di via delle Botteghe Oscure. Il ritrovamento da parte della polizia è avvenuto alle 13,30. Il primo « flash » di agenzia é arrivato nelle redazioni dei giornali alle 13,58. Vi si parlava di una telefonata anonima giunta alla Questura che segnalava la presenza di un ordigno esplosivo in un’auto parcheggiata in via Caetani. Giunti sul luogo gli agenti scoprivano il cadavere sul sedile dell’auto. Dell’ordigno esplosivo non è stata trovata traccia.
Immediatamente la zona veniva isolata e transennata mentre giungevano il capo della polizia Parlato, il capo del DIGOS Spinella, e il comandante dei Carabinieri, e quindi dell’Interno Cossiga e il sottosegretario Darida. Solo alle 14.20 le agenzie davano la conferma definitiva del riconoscimento del corpo di Aldo Moro.
La notizia, per quanto purtroppo prevedibile, ha colto di sorpresa e fortemente scosso gli ambienti politici. A piazza del Gesù tutti i dirigenti politici della DC erano presenti dato che stavano concludendosi i lavori della Direzione. Stava parlando il presidente Fanfani quando l’addetto stampa della DC, Gavina. è entrato nella sala e ha comunicato a Zaccagnini la notizia.
I lavori sono stati sospesi per consentire al segretario dc di mettersi in contatto con Cossiga e avere la conferma ufficiale. Subito, brevemente riaperta la riunione. Zaccagnini ha comunicato la tragica notizia. L’on. Gonella ha detto poco dopo alla TV: «Abbiamo ascoltato in piedi le terribili parole, molti di noi piangevano ». Al balcone di palazzo Bolognini sono state esposte le bandiere italiana e della DC a mezz’asta.
Tutti i partiti hanno intanto tenuto riunioni. Si è subito riunita anche la Segreteria della Federazione CGIL-CISL-UIL.
Sul luogo del ritrovamento si è raccolta una grande folla tenuta però a distanza di circa ottanta metri. Anche i giornalisti sono tenuti lontani. Hanno potuto avvicinarsi al luogo solo i dirigenti politici che sono continuati a arrivare. Il primo riconoscimento sicuro lo hanno fatto il ministro Cossiga e l’onorevole Gonella. Poco dopo anche il Procuratore generale De Matteo si è avvicinato e, andandosene, ha detto: « E’ Moro senza dubbio alcuno ». Sul luogo si è recato anche il compagno Giancarlo Pajetta.
Il capo dello Stato. subito informato, ha fatto annunciare un suo messaggio radio-televisivo per la giornata. Molte le dichiarazioni «a caldo» di uomini politici sia sul luogo del ritrovamento che a Montecitorio.
Fino al momento in cui andiamo in macchina con questa edizione straordinaria non si sono avuti altri particolari circa il modo in cui il presidente della DC è stato assassinato. Per aprire l’auto sono rimasti a lungo al lavoro gli artificieri e il corpo è quindi rimasto dentro l’abitacolo. Si temeva infatti fino all’ultimo che all’auto fosse applicato qualche ordigno esplosivo.”
(l’Unità, edizione straordinaria del 9 maggio 1978)
« Il dolore mi prende l’animo nel profondo; una commozione senza fine mi sconvolge. Aldo Moro è stato ucciso spietatamente, orribilmente. Le belve, che hanno cercato di dare un manto ideologico e politico al rapimento che iniziò col massacro di cinque uomini di null’ altro colpevoli che di compiere il loro dovere, non hanno ascoltato neppure il grido che l’umanità intiera ha lanciato perché quest’uomo fosse risparmiato. Con la sua morte la barbarie sembra aver voluto uccidere non un uomo, ma il pensiero, l’intelligenza, la libertà.
« L’Italia civile e libera, l’Italia che si riconosce nel lavoro, l’Italia cristiana, l’Italia di ieri e di oggi ha un sussulto di sgomento e di orrore. Ma questa Italia ha nello stesso tempo un sussulto di sdegno e di rivolta. Aldo Moro ucciso è un lembo della nostra umanità e della nostra civiltà che ci viene strappato.
« Nel dolore della signora Eleonora, dei suoi figli, della famiglia che egli ha teneramente amato e che ha sofferto angosciosa mente questo calvario ci riconosciamo e ci sentiamo uniti.
« Al dolore della Dc colpita nel più prestigioso dei suoi esponenti, un partito ripetutamente provato e che è perno insostituibile dell’equilibrio democratico del nostro paese, si unisce il dolore di tutta l’Italia democratica, che si sente ferita nella sua stessa ragion d’essere. Questa morte ci atterrisce, ci sconvolge, ma non riuscirà mai a travolgerci. Quale tragico errore hanno commesso i tristi eredi dei più barbari assassini che abbia conosciuto l’ umanità: altre gesta che insanguinarono e terrorizzarono popoli interi sembrarono segno di tracotante e irrinunciabile potere, ma i loro autori furono poi cancellati dalla storia e condannati all’ignominia.
« Ogni italiano sa che non potrà mai essere spettatore inerte di una lotta tra i terroristi e lo Stato, quale che sia il suo giudizio sulla condizione politica del Paese. Perché ogni cittadino è parte di questo Stato e di questa democrazia, e i terroristi, che mirano a distruggerlo, tendono a distruggere anche i vostri diritti di cittadini, il vostro lavoro, le aspirazioni vostre e quelle dei vostri figli.
« I terroristi non hanno nulla da proporre. I loro propositi sono solo di distruzione e di morte. Essi sono e devono rimanere isolati, perché non combattono contro un regime di oppressione, ma perché cercano di distruggere una democrazia tra le più libere del mondo. Sono nemici che non possiamo sottovalutare. Ma un popolo intero che si ribella, che li condanna, che li vuole espellere dal suo corpo come terribile veleno dovrà pur riuscire a liberarsene.
« E’ però dinanzi a questa tragedia nessuno può dichiararsi immune da responsabilità. Su tutti noi incombono imperativi cui non ci potremo sottrarre. Compiere tutti, fino in fondo, il nostro dovere con un impegno teso allo spasimo.
« L’orrore che sentiamo di fronte a questo eccidio dev’essere anche un monito perché l’impegno politico a fronteggiare la situazione sia più risoluto e tenace, com’è nell’attesa degli italiani.
« La morte di Moro è un lutto per tutti. Chi non sente come tale questo drammatico avvenimento è fuori dalla democrazia. Ma chi oggi vive fino in fondo questa tragica vicenda sappia che è prima di tutto in se stesso che deve verificare la forza delle nostre libertà, cui non rinunceremo mai ».
(Giovanni Leone, messaggio al Paese del Presidente della Repubblica, 9 maggio 1978)