Enrico Scuro
Malgrado voi
Immagini di due anni di battaglie del movimento di Bologna
Testi di Diego Benecchi e Franco Berardi (Bifo)
L’Occhio Impuro, 1979
Il volume racconta i fatti di Bologna a partire dal marzo 1977, subito dopo l’uccisione di Francesco Lorusso, fino agli scontri in Piazza Verdi a fine 1978. Con immagini di pugni alzati, pietre che volano, striscioni, scritte sui muri, autobus incendiati, corse, camionette della polizia. Malgrado voi documenta il sit-in in via Rizzoli, gli spettacoli di controinformazione in piazza Maggiore, la manifestazione in bicicletta per le vie della città, il corteo per la libertà dei compagni arrestati a marzo ’77, il processo e l’uscita dal carcere l’anno dopo.
CONTRO IL QUOTIDIANO DELLA RINUNCIA
Iniziò con una Jacquerie, quante volte ce lo siamo ripetuto, ed entrammo nella storia. Volevamo eliminare tutti i miti, ne abbiamo distrutti tanti, ma anche costruiti di nuovi, a tal punto che finita la meravigliosa illusione, il sogno, ci siamo trovati schiacciati dalla storia, quella pubblica, degli altri. La nostra, fatta di tenerezze, scritte sui muri, cortei gioiosi e militari, tensioni, rimane nostalgico ricordo, per alcuni neanche consapevole memoria.
L’ironia spaventò il potere, l ‘incontrollabile lo spiazzò, ma con abilità esso iniziò il lungo corteggiamento, si rese disponibile, offrì spazi. Tanti compagni rimasero invischiati, e, pure attraverso loro, il potere fatto si consumabile riadattò rapidamente le sue forme di controllo alla nuova realtà. La ricerca della mediazione e del consenso intellettuale, fra chi aveva già da tempo fatto le sue scelte, ridussero come un tumore maligno a storia borghese l’incommensurabile e mai trascrivibile poesia dei nostri gesti di rivolta. Attualmente fioriscono i fogli, piacerebbe scrivere d’agitazione, ma non è possibile, altro non contengono che: privato, centri alternativi, qualche elucubrazione. La conoscenza si impone su tutto, giovani desiderosi di giocare a fare gli intellettuali, scrittori in erba, poeti in ritardo che parlano del ’77, dopo che i muri sono stati ripuliti, sono interessanti ma non sufficienti. Non ci si sente liberi quando solo si legge o si scrive o si seguono i vari dibattiti accademici , si è più liberi in un carcere organizzandosi con i detenuti, per migliorare le condizioni di esistenza , che continuare a circolare fra fantasmi lamentosi della mancanza di certezze .
Ebbene, mai come ora la situazione è eccellente, la fine delle ideologie costringe, finalmente, ad affrontare il sociale armati solo della nostra soggettività, e questa è l’arma migliore. Non più passato né futuro, entrambi ci ricondurrebbero a cercare la mediazione mentre l’unica alternativa risiede nella ricerca di una continua rottura immediata e nella soddisfazione delle proprie azioni, siano esse pacifiche o violente, poco importa se gratuite. Non c’è più vita, a meno di essere Potere, senza ritorno al la prassi, alla sperimentazione della libertà attraverso l’autovalorizzazione dell’antagonismo quotidiano. L’autovalorizzazione (conquista di libertà, superamento degli schemi) è possibile se fondata sulla ripetizione ritmica, di massa, dei gesti che distruggono il Potere. Stiamo inoltre guarendo dalla malattia delle ideologie, di fronte al crollo dei punti di riferimento, dal niente realizzato altrove, possiamo ergerci consapevoli che l’unico vero ribaltamento è la rivoluzione del tutto. È in questo che sentiamo e viviamo lucidamente, che diveniamo storici ed entriamo in scena come protagonisti. Innanzitutto perché non stando con nessuno scegliamo la strada di chi dice no a qualsiasi potere-oppressione, quella dei rivoltosi. Da questa strada è difficile uscire, dato che la fonte delle lotte, le radi ci delle contraddizioni sono pure in noi, quando la si inizia bisogna percorrerla fino in fondo. Chi vive lo sfruttamento tutti i giorni, chi non ha la possibilità di godersi un’esistenza decente, chi sente l’oppressione sul suo corpo, nella sua men te, nel suo sangue, non può che vivere senza riserve perché questa è la sua ultima possibilità. Chi lascerà la strada buttando via il fardello del le sue esigenze e della sua violenza di opposizione non potrà che finire avvelenato dalle proprie verità uccise. Per gli avvelenati sarà allora l’inizio del quotidiano della rinuncia, una morte senza fine, a questo vuole portarci il Potere. Certo ci offre i miraggi della produzione e del consumo. Non facciamoci fregare, non fermiamoci, liberiamo continuamente la passione creativa d’amore e di ribellione, questo l ‘unico modo per battere la diffusa coscienza a livello di massa delle costrizioni necessarie.
L’industrializzazione, il necessario controllo limitativo dello sviluppo tecnico-scientifico da parte del Potere, lo costringono ad uniformare gli strumenti del controllo, dello sfruttamento, del dominio: parcellizzandoli, articolandoli, automatizzandoli. Ed è proprio in questa diffusione molecolare del potere che emerge la possibilità reale di una permanente lotta di liberazione, è la grande occasione storica per una battaglia per una libertà sostanziale. Non a caso è esistito un rapporto diretto, nell’esperienza del ’77 e nelle recenti lotte degli ospedalieri, fra liberazione di creatività individuale e collettiva, fondamenti di nuove dinamiche di libertà e la disarticolazione del controllo diffuso e lo smascheramento delle pratiche di democrazia autoritaria portata avanti dai partiti.
Nella fase della mediazione, post-marzo ’77, i cavalli di troia del potere nel movimento hanno permesso a questi di recuperare allo spettacolo le forme più emergenti della creatività collettiva. Ma per fortuna nei sotterranei della nostra civiltà, nel nostro popolo, continua a procedere il fiume impetuoso di ciò che ognuno di noi fa nascondendosi. Quello che è emerso nel passato non è nulla rispetto al turbinare di contraddizioni, pensieri, energie che ci agitano ininterrottamente giorno dopo giorno. Questo fiume è ingovernabile ed ha ripreso a scorrere, è un fluido composito di fantasticherie, desideri insoddisfatti, idee, sensazioni, è la preparazione nell’irrazionale magmatico di razionali gesti sconvolgenti.
Consumare e accumulare di tutto: amore, danaro, miti, conoscenze, politica, questa la proposta per illuderci di essere liberi. Ma il tempo dell’illusione è breve ed effimero, crescono il senso di malessere e i conati di vomito, cresce la rete di libertà totale.
Fare dimenticare all’uomo di essere un produttore, alienato nella creatività del lavoro forzato, dello sfruttamento, ecco le ragioni per cui il sistema ripiega nel consumo e nella piccola accumulazione bottegaia. Guai a farsi invischiare in questa dimensione, il cui centro progetta di controllare nello spazio di tempo libero dal lavoro, la creatività dell’uomo. Dobbiamo assolutamente finalizzare i nostri sforzi cercando una risposta credibile, di vita, per negare il controllo per tutto il tempo sul la nostra creatività. Ciò è fondabile a partire dal rifiuto dell’ideologia del lavoro, non c’è alternativa senza questo essenziale presupposto che si concretizza, per ora, nella critica distruttiva dell’attuale assetto sociale e della struttura di produzione e consumo. Il potere cibernetico tenta di trasformare ciascuno in singolo organizzatore della propria disponibilità, sia alla produzione che al consumo. Rifiutiamo questo ruolo di passività con una ricerca continua di quei gesti spontanei, conseguenza della nostra canalizzazione della creatività. Questo è possibile attraverso una permanente e lunga resistenza alla penetrazione del potere in noi. Da qui riemerge quella autovalorizzazione, tanto necessaria per vivere. Diamo l’ultimo colpo di piccone affinché il fiume torni in superficie per un’altra Jacquerie.
Diego Benecchi