recensione di Giuseppe De Bellis Quotidiano dei lavoratori – 27 maggio 1979
Se un ‘difetto’ bisogna trovare nel fotolibro di Scuro (ed uno almeno è d’obbligo trovarlo) è probabile che consista nella limitatezza del pubblico (‘audience’ verrebbe voglia di scrivere) in grado di poter afferrare a pieno le emozioni ed i significati delle sue immagini: sono foto fatte ‘dall’interno’ del movimento, foto in gran parte scattate ‘ad uso e consumo’ del Movimento di Bologna assolutamente altro da un reportage, da un documento giornalistico. Chi non ha vissuto abbastanza direttamente questi ultimi anni bolognesi potrà certo consumare questo libro alla profiqua ricerca di atmosfere, di profumi, di omofonie, ma non potrà immergersi a fondo nella ‘privatissima’ storia che esso racconta. «La nostra (storia), fatta di tenerezze, scritte sui muri, cortei gioiosi e militari, tensioni, rimane nostalgico ricordo, per alcuni neanche consavevole memoria»: le immagini di Scuro sembrano le puntuali pietre miliari di questa frase (di Benecchi): sono le pedine di un gioco di incastri, che riporta alla luce le suggestioni e le paure dell’avventura bolognese. Un libro, in sintesi, che dovrà subire differenti usi a seconda che venga guardato da chi a Bologna, ‘c’è stato in mezzo’ o da chi, a Bologna, non c’era o se c’era, dormiva.
a cura di Francesco Vincitorio L’Espresso – 3 giugno 1979
“Malgrado voi”. Libretto che raccoglie le drammatiche “immagini di due anni di battaglie del Movimento di Bologna”. Autore il fotografo Enrico Scuro. Ediz. L’occhio impuro. Bologna
recensione di R. d R. lotta continua – 7 giugno 1979
« Immagini di due anni di battaglie del movimento di Bologna ». Così esordisce il sottotitolo di « Malgrado voi » un libro fotografico di Enrico Scuro, in libreria da qualche settimana e proposto dalle edizioni « L’occhio impuro ». Le foto sono introdotte da due brevi scritti: il primo di Diego Benecchi « contro il quotidiano della rinuncia »; il secondo « contro l’esistente per il possbile » del trasversalista Franco Berardi (Bifo). Le foto si snodano subito dopo e sono una scelta del discorso fotografico « ufficiale » delle vicende bolognesi. Alcune foto sono già note: le abbiamo viste su Linus, giornali, fogli, libri, altre sono, oltre che inedite, migliori delle note.
Per quelli che sono riusciti a mettersi in pensione « post-movimentista » l’oggetto è indispensabile, potranno dire ai loro figli: « vedi, quello col passamontagna e la spranga è papà da giovane… ». Ma va bene anche per quelli che in pensione non sono riusciti ad andarci: vedere la propria faccia va sempre bene. Ottimo da mostrare agli amici nelle lunghe serate dedicate alle « mie foto ».
Piccola la città e Bifo mormora
recensione di Ando Gilardi PHOTO – luglio 1979
Il primo sintomo, agghiacciante, della demenza lo svelano il linguaggio e la scrittura. Succede questo: il malato ha in testa delle idee confuse, poi sa scrivere frasi confuse. Fra le idee e le frasi non esiste nessunissimo rapporto: immaginate due tiretti della scrivania completamente in disordine, come capita. Il primo non descrive il secondo, meno che mai lo spiega: solo si può dire che hanno in comune il disordine. Ora, il demente, considera questo rapporto come trascrizione: il secondo tiretto è la forma descrittiva del primo. E si tiene il primo tiretto in testa, ti fa vedere il secondo e dice: ecco come la penso, ti ho chiarito l’idea? Tutto questo per parlarvi di un piccolo fotolibro di Enrico Scuro, fotografo, con testi di Diego Benecchi e Franco Berardi detto Bifo. I quali sono esempi perfetti di quella dissociazione del linguaggio che abbiamo brevemente descritto. Bifo ebbe una certa notorietà qualche anno fa al tempo della Marcia del Movimento su Bologna: era un professorino molto arrabbiato che ripeteva « vi spazzeremo tutti con una risata ». Deve essere molto invecchiato, e perso i denti, quanto meno ideali. Forse ora dice « vi spruzzeremo tutti con una risata ». Mio dio, mio dio: che tristezza. Però grazie, dio, per avermi piazzato tre generazioni fa: meglio merda che niente. Il fotolibro Scuro ha per titolo « Malgrado voi, immagini di due anni di battaglie del movimento di Bologna ». Insomma, a suo modo è interessante come documento dell’amplificazione resa possibile dalla fotografia di quelle che furono, come qualità politica, squallide risse da osteria portate sulla piazza. È vero, ahimé, che può scapparci un morto. O due al massimo. Ma questi sono gli svantaggi e i vantaggi della mia generazione: che si è fatta un’economia della compassione secondo la quale si usa la parola battaglia da qualche centinaio di morti in su. Al di sotto si tratta di incidenti: penosissimi ovviamente. Ma incidenti.
Fotografia ed editoria
Progresso Fotografico – dicembre 1979
Significativa, in proposito, la testimonianza di Enrico Scuro, un giovane fotografo bolognese che ha vissuto l’avventura della autoedizione: « Basta avere un piccolo capitale, trovare un compositore,un tipografo e un rilegatore e il gioco è fatto. Nella pratica, però, è un’altra cosa. Avevo in cantiere due progetti di libri fotografici: il primo che documentava i « fatti » di Bologna dal ’77 in poi, il secondo centrato sui grandi raduni musicali. Un editore ha visto le centinaia di fotografie e si è mostrato entusiasta di poterle trasformare in due libri. Dopo sei mesi si è accorto che non poteva rischiare la pubblicazione di un fotografo sconosciuto. Ho rischiato da solo, realizzando il primo progetto. Un prestito di una banca e qualche cambiale. Costo: 2.000.000 di lire per 2.100 copie. Risultato: tiri libro, « Malgrado voi », di 60 pagine 20 x 20. Prezzo di copertina 3.000 lire. Poi mi sono accorto che il problema vero non era fare il libro, ma venderlo… Insomma, si è trattato di perdere un paio di mesi e dormire poco la notte per tutti i problemi pratici ed economici. Una esperienza da fare al massimo una sola volta nella vita ».
Francesco “Franz” Lo Duca Guai a chi ci tocca I “ribelli di marzo” nella Bologna del ’77 Red Star Press, 2025
Pagine 116 Formato cm 13 x 20
Correva l’anno 1977. Cifre destinate a restare scolpite nella storia di ciò che non può essere letto nei libri qualunque, ciechi e sordi di fronte alla realtà di un movimento che, in tutta Italia, cresceva e si organizzava in mille modi diversi ma con un solo obiettivo: cambiare lo stato di cose presente.
A Bologna, cuore pulsante del fermento politico, artistico e sociale, il cambiamento a cui è dedicato il romanzo di Francesco “Franz” Lo Duca, ha il volto di Rocco, uno studente tra i tanti e le tante che affollano i portici intorno a piazza Verdi. Ragazze e ragazzi come Carlotta, Jack e come Francesco Lorusso, iscritto a Medicina, in prima linea nei cortei e durante le manifestazioni: sempre e anche quel maledetto 11 marzo, quando i carabinieri aprirono il fuoco lasciandolo morto sul selciato. Un giorno a partire dal quale niente sarebbe più stato come prima.
Francesco “Franz” Lo Duca
Nato a Ferrara il 5 settembre del 1954, attivista fin dai tempi della frequentazione del liceo Minghetti a Bologna e fondatore del collettivo Mucchio Selvaggio, fu tra i protagonisti del movimento del ’77 ma anche anima delle iniziative culturali che resero il capoluogo emiliano un punto di riferimento della new wave nel corso degli anni ottanta. Laureato in Giurisprudenza, partecipò alla nascita del Centro di Documentazione Lorusso-Giuliani e, come istruttore di arti marziali, diede un contributo fondamentale alla crescita dello sport popolare a Bologna. Appassionato uomo di mare e skipper, pubblicò il libro di viaggio Atlantico in retromarcia nel 1997 prima di scrivere Guai a chi ci tocca. Sorpreso dalla malattia, muore a Bologna il 24 maggio del 2013.
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna Bologna, 6 febbraio – 7 settembre 2025 a cura di Lorenzo Balbi e Caterina Molteni
L’esposizione Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana tra XX e XXI secolo allestita in occasione del 50esimo anniversario della fondazione della Galleria d’Arte Moderna di Bologna, presenta più di 100 opere e documenti d’archivio di oltre 70 artisti, attraversando un arco di tempo di circa settant’anni e proponendosi di ripercorrere la storia dell’arte italiana tramite il tema dell’ironia.
Ironico di per sé, il titolo della mostra richiama l’apparente semplicità del fenomeno svelandone al contempo l’intrinseca complessità. Una contraddizione che diventa gioco a tutti gli effetti e che invita il pubblico a interrogarsi sulla natura del linguaggio, sui luoghi comuni che lo accompagnano e, allo stesso tempo, sul modo in cui questi influenzano la nostra osservazione e interpretazione del mondo che ci circonda.
Enrico Scuro è il fotografo che ha documentato la storia del Movimento del Settantasette a Bologna, dalle manifestazioni alle iniziative dell’ala più creativa che assunse l’identità degli Indiani Metropolitani, a cui lui stesso aderì. Il 20 febbraio 1977 gli studenti approfittano della domenica di carnevale per aggirare con un espediente il divieto di manifestare: un drago cinese in tessuto, preparato nella sede occupata del Dams, viene condotto per le strade in un’atmosfera di festa. L’happening fu ispirato dagli studi e dalle lezioni sul teatro popolare e sulla comicità carnevalesca tenute in università da Piero Camporesi, Giuliano Scabia e Gianni Celati. Il drago diverrà un emblema dell’anima più gioiosa e irriverente del movimento (in un’altra foto che Scuro scattò in quei giorni si vede campeggiare su una parete del Dams la scritta «Decreto lo stato di felicità permanente») e apparirà in altri cortei dei mesi successivi. Poco tempo dopo la parata del drago, in data 11 marzo, avverrà il tragico episodio dell’uccisione da parte di un carabiniere dello studente e militante di Lotta Continua, Francesco Lorusso, che porterà alla deflagrazione dello scontro con le istituzioni e al tramonto dello spirito di quello che era stato definito DadaDams. [FA)
La mostra è organizzata in macro-aree tematiche, utili nell’illustrare le diverse declinazioni dell’ironia e la trans-storicità del fenomeno: il paradosso, il suo legame con il gioco, l’ironia come arma femminista di critica al patriarcato e all’ordine sociale italiano, la sua relazione con la mobilitazione politica, l’ironia come forma di critica istituzionale, come pratica di nonsense e infine come dark humor.
Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana del XX e XXI secolo A cura di Lorenzo Balbi e Caterina Molteni Allemandi, 2025
Dimensioni: 24 x 28 cm Pagine: 288 Illustrazioni: 150 Lingua: Inglese e Italiano
L’ironia è il filo conduttore che attraversa decenni di produzione artistica italiana, rivelandosi come una strategia estetica e critica ricorrente.
Dagli anni cinquanta a oggi, con alcuni fondamentali antefatti, rappresentati dalle opere di grandi maestri del Surrealismo e della Metafisica, il catalogo ripercorre la storia dell’arte italiana tra xx e XXI secolo tramite diversi ambiti tematici. Raccontate dai curatori e con i contributi di studiosi e artisti, le sezioni illustrano le diverse sfumature del processo ironico e le sue applicazioni in ambito artistico.
Artiste e artisti in mostra Carla Accardi, Vincenzo Agnetti, Enrico Baj, Nanni Balestrini, Riccardo Baruzzi, Mirella Bentivoglio, Tomaso Binga, Luther Blissett, Alighiero Boetti, Monica Bonvicini, Benni Bosetto, Marcella Campagnano, Maurizio Cattelan, Guendalina Cerruti, Giuseppe Chiari, Daniela Comani, Roberto Cuoghi, Giorgio De Chirico, Giuseppe De Mattia, Gino De Dominicis, Antonio Donghi, Donne/Immagine/Creatività, Lia Drei, Pablo Echaurren, Roberto Fassone, Lara Favaretto, Giosetta Fioroni, Chiara Fumai, Alberto Garutti, Aldo Giannotti, Piero Gilardi, Piero Golia, Gruppo XX, Ketty La Rocca, Sergio Lombardo, Arrigo Lora Totino, Lina Mangiacapre, Piero Manzoni, Lucia Marcucci, Eva Marisaldi, Eva & Franco Mattes, Fabio Mauri, Maurizio Mercuri, Marisa Merz, Aldo Mondino, Liliana Moro, Bruno Munari, Giulia Niccolai, Valerio Nicolai, Giancarlo Norese, Luigi Ontani, Rosa Panaro, Clemen Parrocchetti, Pino Pascali, Diego Perrone, Cesare Pietroiusti, Marinella Pirelli, Michelangelo Pistoletto, Paola Pivi, Lisa Ponti, Emilio Prini, Carol Rama, Silvia Rosi, Cinzia Ruggeri, Salvo, Alberto Savinio, Greta Schödl, Lorenzo Scotto di Luzio, Enrico Scuro, Davide Sgambaro, Adriano Spatola, Aldo Spoldi, Alessandra Spranzi, Valentina Tanni, Federico Tosi, Franco Vaccari, Francesco Vezzoli, Patrizia Vicinelli, Italo Zuffi.
Enrico Deaglio C’era una volta in Italia. Gli anni Settanta Feltrinelli, 2024
Un grande racconto di storia e di costume, di un’Italia violenta e tragica, allegra, folle e misteriosa. Un’Italia che non sarà più la stessa.
Dove eravamo rimasti? Allo scoppio di quella bomba a Milano che fece finire gli “innocenti” e “favolosi” anni sessanta. Cominciava un nuovo decennio, e il futuro aveva cambiato padroni. Gli anni settanta, secondo volume di una storia italiana che proseguirà fino ai giorni nostri, vivono ancora oggi nella memoria e nel tumulto: accanto a notevoli e veloci cambiamenti politici (l’ascesa del Pci) e sociali (le leggi sull’aborto e sul divorzio, la chiusura dei manicomi e l’obiezione di coscienza), videro una drammatica svolta violenta, passata sotto il nome di “anni di piombo”.
L’eversione di destra mette bombe in treni, stazioni, università e prepara numerosi colpi di stato; gruppi criminali – banda della Magliana, Cosa nostra, P2, l’allora sconosciuta ’ndrangheta – si associano al potere e fanno i “lavori sporchi”, e una parte della sinistra rivoluzionaria sceglie la via della lotta armata con risultati imprevisti, sanguinari e irripetuti in Europa. E ancora: in un’inaudita degenerazione del vivere civile, 387 persone vengono rapite e con i soldi dei riscatti l’Anonima sequestri plasma “il modello di sviluppo” del paese. Gli anni settanta ci vedevano manifestare insieme a Berlinguer, Pannella, Franca Rame e Dario Fo, partecipare a troppi funerali civili, marciare per i diritti delle donne e contro la guerra, ballare il Tuca Tuca di Raffaella Carrà, crescere leggendo La storia di Elsa Morante, cantare sulle note di Rino Gaetano, Dalla e De Gregori.
Al cinema si rideva amaramente con Fantozzi, Gian Maria Volonté era il volto dell’impegno, Fellini vinceva l’Oscar con Amarcord e gli scherzi grevi di Amici miei erano emulati nelle stazioni. Il lavoro cominciava a mancare, gli studenti iniziavano a pensare al loro futuro e il paese era scosso dal terrore delle stragi, dai sequestri e dalle bombe: il mondo sembrava dividersi tra chi voleva cambiare tutto e chi difendeva con le unghie e con i denti il vecchio ordine. E poi, a poco a poco, la speranza ha lasciato il posto alla disillusione: il sogno della rivoluzione si è scontrato con la violenza nelle strade. Se ne sono andati Pier Paolo Pasolini, Peppino Impastato, tanti giovani sono stati uccisi e Aldo Moro è stato abbandonato e lasciato morire… Gli anni settanta finirono con la sensazione che qualcosa si fosse spezzato, che quel futuro possibile si fosse allontanato per sempre. Eppure, è stato proprio allora che abbiamo imparato cosa significa lottare, amare e credere in un mondo diverso, almeno per un po’.
Enrico Deaglio Laureatosi in Medicina a Torino nel 1971, comincia poi la carriera da giornalista della carta stampata e della televisione negli anni settanta, presso il quotidiano «Lotta Continua», di cui è stato direttore dal 1977 al 1982. Successivamente lavora in numerose testate tra cui «La Stampa», «Il Manifesto», «Epoca», «Panorama», «L’Unità». Tra il 1985 e il 1986 è direttore del quotidiano «Reporter» e collaboratore del quotidiano «La Stampa» di Torino. Alla fine degli anni Ottanta comincia a lavorare come giornalista televisivo per Mixer: segue in particolare le vicende della mafia in Sicilia e viene inviato per programmi di inchiesta in vari paesi. Negli anni novanta conduce vari programmi d’inchiesta giornalistica di attualità su Raitre, tra cui: Milano, Italia (gennaio-giugno ’94), Ragazzi del ’99 (1999), Così va il mondo, Vento del Nord e L’Elmo di Scipio. Dal 1997 al 2008 dirige il settimanale «Diario». Oltre ad alcune opere di narrativa, ha pubblicato vari libri-inchiesta tra cui La banalità del bene – Storia di Giorgio Perlasca (Feltrinelli), Patria 1978-2008 (il Saggiatore). Tra gli ultimi suoi lavori si ricordano: Il vile agguato (Feltrinelli), Storia vera e terribile tra Sicilia e America (Sellerio), La zia Irene e l’anarchico Tresca (Sellerio), La ferita del secolo scorso (Feltrinelli), La bomba. Cinquant’anni di Piazza Fontana (Feltrinelli), Patria 2010-2020 (Feltrinelli), Cose che voi umani (Marsilio) e C’era una volta in Italia. Gli anni sessanta (Feltrinelli).
Un evento chiave durante la fiera Paris-Photo, è una fiera parigina di fotografia vintage che riunisce ogni anno commercianti, galleristi, collezionisti ed esperti internazionali. 24.39 vanta stampe vintage che spaziano dagli albori della fotografia nel 1839 alla fine del ventesimo secolo. La fiera offre un’ampia selezione di opere da scoprire, sia eclettiche che varie, a volte poco conosciute, spesso meravigliose e sempre sorprendenti. 24.39 (in precedenza nota come Photo Discovery the Fair!) è rapidamente diventata un evento imperdibile per professionisti e amatori: un appuntamento unico per aiutare a creare le collezioni più insolite e distintive. 24-39.com
45 Photographs | s.t anthology n.1
In occasione della 24.39 Classic Photography Fair la prima uscita di s.t. anthology: il meglio del nostro inventario, con 45 fotografie di altrettanti autori insieme a una selezione dei nostri classici preferiti.
L’intermedialità in età moderna e contemporanea Christoph Cornelissen, Massimo Rospocher (a cura di) collana “Quaderni dell’Istituto storico italo-germanico in Trento” il Mulino, 2024
La tendenza degli studi recenti di storia della comunicazione è stata quella di considerare la varietà, la coesistenza e la natura sistemica dei media nella società moderna e contemporanea. Termini come media system, ecosistema dei media o media ensemble sono così diventati familiari per gli storici.
Un ulteriore passaggio, rispetto a questa concezione multimediale della comunicazione, si è verificato più recentemente. Forse anche come riflesso della società mediatica in cui viviamo, dominata da forme di comunicazione sempre più ibride, la comunicazione non viene più rappresentata solo come un universo multimediale – dove stampa, manoscritto, oralità, musica, performance, immagini, suoni e video coesistono –, ma piuttosto come un ecosistema intermediale – all’interno del quale i media interagiscono spesso sovrapponendosi, modificandosi o sostituendosi l’uno con l’altro.
Il concetto di intermedialità non appare più oggi solo un ostico neologismo ma comincia a essere impiegato ‘sul campo’ dagli storici. Nel presente volume studiosi dell’età moderna e contemporanea utilizzano questo concetto come chiave di lettura per interpretare fenomeni sociali, politici e culturali, fornendo una serie di esempi di applicazioni concrete di un approccio intermediale alla comunicazione in diversi ambiti storiografici
Christoph Cornelissen è professore di Storia contemporanea presso l’Università di Francoforte sul Meno e già direttore dell’Istituto Storico Italo-Germanico della Fondazione Bruno Kessler dal 2017 al 2023. I suoi principali ambiti di ricerca riguardano la storia dell’Europa nel XIX e XX secolo, la storia della storiografia e la storia della cultura della memoria.
Massimo Rospocher è direttore dell’Istituto Storico Italo-Germanico della Fondazione Bruno Kessler dal febbraio 2023. I suoi interessi di ricerca comprendono la storia della comunicazione, la storia urbana dell’età moderna e la storia culturale e sociale europea.
L’intermedialità in età moderna e contemporanea
INTRODUZIONE
L’intermedialità nell’età moderna, di Daniel BELLINGRADT e Massimo ROSPOCHER
Intermedialità. Riflessioni sull’utilità del concetto per la storia contemporanea, di Christoph CORNELISSEN
L’INTERMEDIALITÀ IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA: DALLA TEORIA ALLA PRATICA
Visualità e intermedialità nell’età moderna. Tracce di una ricerca interdisciplinare, di Birgit EMICH
Media e mobilità: circolazione di informazioni lungo la via di pellegrinaggio nel Rinascimento, di Sandra TOFFOLO
La musica di strada tra oralità, stampa e manoscritto: controllo e repressione. Il caso di Domenico de’ Pieri, Venezia 1785, di Umberto CECCHINATO e Massimo ROSPOCHER
Per diletto, per scherzo, per la salvezza delle anime. Colloqui di confessori e penitenti fra letteratura e teologia, oralità e scrittura (secoli XV-XVII), di Fernanda ALFIERI e Matteo LARGAIOLLI
Scritture d’affari: libri di conto, «tessere» e «node da legno». Per uno studio dell’intermedialità nell’Europa della prima età moderna, di Katia OCCHI
La Compagnia di Gesù rappresenta sé stessa. Il caso degli Stati Uniti dopo la soppressione, di Claudio FERLAN e Seth MEEHAN
Per una storia della comunicazione giuridica. L’orizzonte intermediale della normatività, di Manuela BRAGAGNOLO e Maurizio CAU
Il microfono aperto. L’intermedialità nella radio degli anni Settanta, di Nikolaus FREIMUTH
Rappresentare il pontefice: il sistema mediatico vaticano (1939-1958), di Camilla TENAGLIA
Wandrè La chitarra del futuro Museo internazionale e biblioteca della musica Bologna, 11 maggio – 8 settembre 2024
a cura di Marco Ballestri con la collaborazione di Oderso Rubini e i Partigiani di Wandrè (Paolo Battaglia, Gianfranco Borghi, Luca e Loris Buffagni, Riccardo Cogliati, Mirco Ghirardini, Giorgio Menozzi, Johnny Sacco, Adelmo Sassi)
Al Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna, in occasione del suo ventesimo anniversario, arrivano oltre 50 pezzi tra chitarre, bassi e contrabbassi, tutti di marchio Wandrè. Occasione unica per constatare come l’intera produzione sia permeata da un profondo lirismo, evidenziato dalle linee, dal contrasto dei colori e dall’incontro di materiali inconsueti per l’arte liutaria.
Antonio Vandrè Pioli, in arte Wandrè fu partigiano, attore dilettante, caporedattore, capomastro, imprenditore, fashion designer, artista Fluxus e tanto altro, ma fu anche il primo a costruire in Italia una fabbrica di chitarre elettriche, fu il primo al mondo a produrre contrabbassi con il manico pieghevole, il primo a utilizzare l’alluminio per forgiare manici e cordiere e fu l’artefice di tante altre innovazioni tecniche, anche nel settore della verniciatura.
Ogni modello ha un nome particolare: Brigitte Bardot, Rock’n’Roll, Marte, Spazia, Selene, Etrurian, Mini, spesso ispirati a personaggi, eventi e visoni dell’epoca, fino all’ultimo modello, lo Psychedelic Sound, presentato nell’aprile 1967, che è un tributo ad Allen Ginsberg. Come il poeta della Beat generation, che portò i capelli lunghi oltre le spalle quando tutti li tagliavano corti e si rasò quando tutti iniziarono a farli crescere, Wandrè pensò che in un momento in cui si rincorreva l’originalità e ognuno si sforzava di realizzare opere bizzarre, la cosa più rivoluzionaria da fare fosse ritornare alle origini.
Per il suo ultimo modello recupera quindi tecniche costruttive e tagli propri della liuteria classica. D’altra parte, la sua rivoluzione psichedelica, e forse anche sociale, Wandrè l’aveva già fatta dieci anni prima con le sue incredibili sculture fruibili per musica e la sua utopistica Fabbrica Rotonda di Cavriago, progettata nel 1959 con soluzioni edilizie d’avanguardia, giudicate folli all’epoca, ma poi utilizzate alcuni anni dopo per costruire il Madison Square Garden di New York.
Franco ‘Bifo’ Berardi A Thousand Little Machines: A/traverso and the Movement of ’77 edited by Jamila Squire and Seth Wheeler published by Agit Press, 2024
The book contains the recollections of the autonomist militant, philosopher, and media theorist Franco “Bifo” Berardi on autonomia and the tumultuous events of ’77, told through the pages of A/traverso, the Bolognese movement sheet he produced with others between 1975 and 1981.
In 1977 youth revolts spectacular in their intensity, creativity and violence would send shockwaves throughout Italian society. These rebellions, belonging to the autonomia movement, were characterised by a mass refusal of wage-labour and powered by novel experiments in communication, in particular the printed word. Hundreds of revolutionary newspapers known as ‘movement sheets’ would circulate Italy during those years, acting as little machines to produce political subjectivity. This book contains the recollections of the autonomist militant, philosopher and media theorist Franco ‘Bifo’ Berardi on autonomia and the tumultuous events of ’77, told through the pages of A/traverso, the Bolognese movement sheet he produced with others between 1975 – 1981. In texts translated into English for the first time, presented alongside extensive archival material and stunning photographs, this book explores the subversion, exuberance and joy of the movement of ’77, while raising important questions about the role of creative collectivity and experimental communication for militants today.
Texts by Franco ‘Bifo’ Berardi, Ryan Duffy, Dante Philp, Nick Thoburn, Jamila Squire & Seth Wheeler. Foreword by Bobby Gillespie, Primal Scream. Translated by Ivana Bevilacqua, Matthew Lee and Lukasz Risso. Cover design & layout by Tom Greenwood. Internal design by Tom Greenwood, Jamila Squire & Seth Wheeler. Edited by Jamila Squire & Seth Wheeler. Photos by Tano D’Amico, Enrico Scuro and Uliano Lucas.
Jamila Squire is a writer and researcher. She has contributed articles to Radical Art Review, Real Review, and the Verso blog.
Seth Wheeler is a writer, editor, and resident researcher at MayDay Rooms. He has contributed to Occupy Everything (Minor Compositions, 2012), The Dictionary of Coronavirus Culture (Repeater, 2020), and In and Against the State (Pluto, 2021).
Jacopo Galimberti Immagini di classe. Operaismo, Autonomia e produzione artistica DeriveApprodi, 2023
Con oltre 140 immagini di opere d’arte, molte delle quali pubblicate per la prima volta, il libro offre una prospettiva originale e inedita per ripensare i movimenti degli anni Sessanta e Settanta e, più in generale, la cultura italiana del secondo dopoguerra
Negli ambienti del pensiero critico e marxista l’importanza politica dell’operaismo e dell’Autonomia operaia è ormai riconosciuta non solo in Italia ma sul piano internazionale. Tuttavia, è meno nota l’influenza che questi movimenti hanno avuto nell’ispirare il lavoro di artisti, architetti e designer di avanguardia. Unico nel suo genere e per la sua approfondita competenza, il libro di Jacopo Galimberti si concentra sul discorso estetico e culturale sviluppato da tre generazioni di militanti (tra cui Mario Tronti, Antonio Negri, Franco Berardi Bifo e Silvia Federici) e sul modo in cui è stato fatto proprio da figure importanti come Manfredo Tafuri. Il volume analizza i momenti chiave di questo dialogo, dai disegni pubblicati su «classe operaia» alla mostra di Potere operaio a Parigi, dai giornali degli indiani metropolitani al collettivo artistico femminista che aderiva alla campagna «Salario al lavoro domestico».
Edizione italiana di: Images of Class: Operaismo, Autonomia and the Visual Arts (1962-1988) by Jacopo Galimberti Verso, 2022
Jacopo Galimberti docente di Storia dell’arte contemporanea all’Università Iuav di Venezia, ha una ricca esperienza di ricerca sul piano internazionale. Tra le sue pubblicazioni, Individuals against Individualism: Art Collectives in Western Europe (1956-1969) (2018) e Hopeful Monsters. Pablo Echaurren e i mostri del movimento del ’77 (2020).
What Design Can’t Do Essays on Design and Disillusion by Silvio Lorusso Set Margins’ (The Netherlands), 2023
Design is broken. Young and not-so-young designers are becoming increasingly aware of this. Many feel impotent: they were told they had the tools to make the world a better place, but instead the world takes its toll on them. Beyond a haze of hype and bold claims lies a barren land of self-doubt and impostor syndrome. Although these ‘feels’ might be the Millennial norm, design culture reinforces them. In conferences we learn that “with great power comes great responsibility” but, when it comes to real-life clients, all they ask is to “make the logo bigger.”
This book probes the disillusionment that permeates design. It tackles the deskilling effects provoked by digital semi-automation, the instances of ornamental politics fashioned to please the museum-educational complex, the nebulous promises of design schools. While reviving historical expressions of disenchantment, Silvio Lorusso examines present-day memes and social media rants. To depict this disheartening crisis, he crafts a new critical vocabulary for readers to build upon. What this exposé reveals is both worrying and refreshing: rather than producing a meaningful order, design might be just about inhabiting chaos.
Cosa il design non può fare Saggi su design e disillusione
Il design è guasto. I designer giovani e meno giovani ne sono sempre più consapevoli. Molti si sentono impotenti: è stato detto loro che avevano gli strumenti per rendere il mondo un posto migliore, ma invece il mondo prende il sopravvento su di loro. Al di là di una nebbia di pubblicità esagerata e di affermazioni audaci si trova una terra arida di dubbi su se stessi e di sindrome dell’impostore. Sebbene queste “sensazioni” possano essere la norma dei Millennial, la cultura del design le rafforza. Nelle conferenze apprendiamo che “da un grande potere derivano grandi responsabilità” ma, quando si tratta di clienti nella vita reale, tutto ciò che chiedono è “ingrandire il logo”.
Questo libro indaga la disillusione che permea il design. Affronta gli effetti di dequalificazione provocati dalla semiautomazione digitale, le istanze di politiche ornamentali modellate per compiacere il complesso museale-didattico, le nebulose promesse delle scuole di design. Mentre fa rivivere le espressioni storiche di disincanto, Silvio Lorusso esamina i meme attuali e gli sfoghi sui social media. Per descrivere questa crisi scoraggiante, crea un nuovo vocabolario critico su cui i lettori possono basarsi. Ciò che rivela questa esposizione è allo stesso tempo preoccupante e rinfrescante: invece di produrre un ordine significativo, il design potrebbe limitarsi a abitare il caos. (traduzione by Google)
Silvio Lorusso
Silvio Lorusso is a writer, artist and designer based in Lisbon, Portugal. In 2018, he published his first book entitled Entreprecariat: Everyone is an Entrepreneur. Nobody Is Safe. He is an assistant professor and co-director of the Center for Other Worlds at the Lusófona University in Lisbon and a tutor at the Information Design Department of the Design Academy Eindhoven. Lorusso holds a Ph.D. in Design Sciences from the Iuav University of Venice. Paraphrasing the Italian architect Franco Raggi, he writes and talks about design, though actually doing very little of it, and believing in it less and less. https://silviolorusso.com