recensione di Giuseppe De Bellis Quotidiano dei lavoratori – 27 maggio 1979
Se un ‘difetto’ bisogna trovare nel fotolibro di Scuro (ed uno almeno è d’obbligo trovarlo) è probabile che consista nella limitatezza del pubblico (‘audience’ verrebbe voglia di scrivere) in grado di poter afferrare a pieno le emozioni ed i significati delle sue immagini: sono foto fatte ‘dall’interno’ del movimento, foto in gran parte scattate ‘ad uso e consumo’ del Movimento di Bologna assolutamente altro da un reportage, da un documento giornalistico. Chi non ha vissuto abbastanza direttamente questi ultimi anni bolognesi potrà certo consumare questo libro alla profiqua ricerca di atmosfere, di profumi, di omofonie, ma non potrà immergersi a fondo nella ‘privatissima’ storia che esso racconta. «La nostra (storia), fatta di tenerezze, scritte sui muri, cortei gioiosi e militari, tensioni, rimane nostalgico ricordo, per alcuni neanche consavevole memoria»: le immagini di Scuro sembrano le puntuali pietre miliari di questa frase (di Benecchi): sono le pedine di un gioco di incastri, che riporta alla luce le suggestioni e le paure dell’avventura bolognese. Un libro, in sintesi, che dovrà subire differenti usi a seconda che venga guardato da chi a Bologna, ‘c’è stato in mezzo’ o da chi, a Bologna, non c’era o se c’era, dormiva.
a cura di Francesco Vincitorio L’Espresso – 3 giugno 1979
“Malgrado voi”. Libretto che raccoglie le drammatiche “immagini di due anni di battaglie del Movimento di Bologna”. Autore il fotografo Enrico Scuro. Ediz. L’occhio impuro. Bologna
recensione di R. d R. lotta continua – 7 giugno 1979
« Immagini di due anni di battaglie del movimento di Bologna ». Così esordisce il sottotitolo di « Malgrado voi » un libro fotografico di Enrico Scuro, in libreria da qualche settimana e proposto dalle edizioni « L’occhio impuro ». Le foto sono introdotte da due brevi scritti: il primo di Diego Benecchi « contro il quotidiano della rinuncia »; il secondo « contro l’esistente per il possbile » del trasversalista Franco Berardi (Bifo). Le foto si snodano subito dopo e sono una scelta del discorso fotografico « ufficiale » delle vicende bolognesi. Alcune foto sono già note: le abbiamo viste su Linus, giornali, fogli, libri, altre sono, oltre che inedite, migliori delle note.
Per quelli che sono riusciti a mettersi in pensione « post-movimentista » l’oggetto è indispensabile, potranno dire ai loro figli: « vedi, quello col passamontagna e la spranga è papà da giovane… ». Ma va bene anche per quelli che in pensione non sono riusciti ad andarci: vedere la propria faccia va sempre bene. Ottimo da mostrare agli amici nelle lunghe serate dedicate alle « mie foto ».
Piccola la città e Bifo mormora
recensione di Ando Gilardi PHOTO – luglio 1979
Il primo sintomo, agghiacciante, della demenza lo svelano il linguaggio e la scrittura. Succede questo: il malato ha in testa delle idee confuse, poi sa scrivere frasi confuse. Fra le idee e le frasi non esiste nessunissimo rapporto: immaginate due tiretti della scrivania completamente in disordine, come capita. Il primo non descrive il secondo, meno che mai lo spiega: solo si può dire che hanno in comune il disordine. Ora, il demente, considera questo rapporto come trascrizione: il secondo tiretto è la forma descrittiva del primo. E si tiene il primo tiretto in testa, ti fa vedere il secondo e dice: ecco come la penso, ti ho chiarito l’idea? Tutto questo per parlarvi di un piccolo fotolibro di Enrico Scuro, fotografo, con testi di Diego Benecchi e Franco Berardi detto Bifo. I quali sono esempi perfetti di quella dissociazione del linguaggio che abbiamo brevemente descritto. Bifo ebbe una certa notorietà qualche anno fa al tempo della Marcia del Movimento su Bologna: era un professorino molto arrabbiato che ripeteva « vi spazzeremo tutti con una risata ». Deve essere molto invecchiato, e perso i denti, quanto meno ideali. Forse ora dice « vi spruzzeremo tutti con una risata ». Mio dio, mio dio: che tristezza. Però grazie, dio, per avermi piazzato tre generazioni fa: meglio merda che niente. Il fotolibro Scuro ha per titolo « Malgrado voi, immagini di due anni di battaglie del movimento di Bologna ». Insomma, a suo modo è interessante come documento dell’amplificazione resa possibile dalla fotografia di quelle che furono, come qualità politica, squallide risse da osteria portate sulla piazza. È vero, ahimé, che può scapparci un morto. O due al massimo. Ma questi sono gli svantaggi e i vantaggi della mia generazione: che si è fatta un’economia della compassione secondo la quale si usa la parola battaglia da qualche centinaio di morti in su. Al di sotto si tratta di incidenti: penosissimi ovviamente. Ma incidenti.
Fotografia ed editoria
Progresso Fotografico – dicembre 1979
Significativa, in proposito, la testimonianza di Enrico Scuro, un giovane fotografo bolognese che ha vissuto l’avventura della autoedizione: « Basta avere un piccolo capitale, trovare un compositore,un tipografo e un rilegatore e il gioco è fatto. Nella pratica, però, è un’altra cosa. Avevo in cantiere due progetti di libri fotografici: il primo che documentava i « fatti » di Bologna dal ’77 in poi, il secondo centrato sui grandi raduni musicali. Un editore ha visto le centinaia di fotografie e si è mostrato entusiasta di poterle trasformare in due libri. Dopo sei mesi si è accorto che non poteva rischiare la pubblicazione di un fotografo sconosciuto. Ho rischiato da solo, realizzando il primo progetto. Un prestito di una banca e qualche cambiale. Costo: 2.000.000 di lire per 2.100 copie. Risultato: tiri libro, « Malgrado voi », di 60 pagine 20 x 20. Prezzo di copertina 3.000 lire. Poi mi sono accorto che il problema vero non era fare il libro, ma venderlo… Insomma, si è trattato di perdere un paio di mesi e dormire poco la notte per tutti i problemi pratici ed economici. Una esperienza da fare al massimo una sola volta nella vita ».
Pierpaolo Scaramuzza L’ordine pubblico in Italia: dal G8 a Federico Aldrovandi. Un percorso didattico per la scuola media Editrice La Mandragola, 2025
Il volume è articolato in due parti principali. Nella prima parte viene affrontato il tema della gestione dell’ordine pubblico come possibile argomento di insegnamento scolastico. In questo contesto, gli autori analizzano anche la manualistica scolastica di storia per la scuola secondaria di primo grado (anni 2007-2024), al fine di verificare quanto spazio venga riservato al tema nei libri di testo. La ricerca, condotta su 45 manuali, evidenzia che eventi come il G8 di Genova o altri episodi di violazione dei diritti umani non sono generalmente trattati, segno che non vengono considerati argomenti di rilievo didattico.
Nella seconda parte del volume vengono presentate attività didattiche legate a due vicende principali: il G8 di Genova (2001) e la morte di Federico Aldrovandi (2005). Il G8 è considerato un punto di svolta nella storia repubblicana italiana per la gravità delle violazioni dei diritti umani, mentre la vicenda di Aldrovandi ha costituito lo stimolo per avviare un più ampio progetto educativo.
Da quest’ultimo è nata l’idea di costruire un percorso in sette tappe, che attraversa quasi trent’anni di storia italiana (1950-1977) attraverso episodi significativi di ordine pubblico: Modena (1950), Reggio Emilia (1960), Milano (1962 e 1973), Pisa (1972), Bologna (1977) e Roma (1977). Il lavoro proposto nelle scuole copre così un arco temporale di oltre cinquant’anni, fino al 2005, concludendosi idealmente con i casi di Genova e Aldrovandi.
In appendice, il volume riporta testi e materiali relativi a cinque delle vicende analizzate, che si differenziano per impostazione e tipologia di fonti: cronologiche, biografiche, giornalistiche o letterarie.
Il progetto nasce dalla collaborazione tra insegnanti e attivisti di Ferrara, il Comitato Piazza Carlo Giuliani odv di Genova e il Comitato Federico Aldrovandi 2005-2025, ed esce in occasione del ventesimo anniversario della morte di Federico Aldrovandi.
Enrico Scuro | No al progetto. Bologna, 16 febbraio-3 marzo 1977 s.t. edizioni, Roma 2025 Legatura con punti metallici, cm. 18,5 x 25,5, pagine 56 A cura e testo di Matteo Di Castro Fotografie di Enrico Scuro Progetto grafico di Michela Zedda Stampa: Istantanea, Roma Prima edizione digitale: 77 copie
Concepito come una fanzine, curato da Matteo Di Castro, stampato in 77 copie, questo album raccoglie gli scatti prodotti in poco più di due settimane e in particolare le immagini in cui Scuro si rispecchia nei segni più creativi, performativi, di quella esperienza: graffiti, pitture murali e sui volti, maschere e travestimenti.
No al progetto paranoico di colpevolizzazione dell’intelligenza desiderante. Così suona una delle scritte sui muri fotografate da Enrico Scuro nel 1977, durante l’occupazione del DAMS, ii Dipartimento di Arte Musica Spettacolo dell’Università di Bologna.
Scuro ha venticinque anni, da qualche tempo ha iniziato a proporre ea pubblicare le sue immagini (in particolare sul mensile «Linus»), ma e anche uno studente, proprio al DAMS, partecipe della vita quotidiana del Movimento.
Proprio questa condizione di artista-insider, di attivista-testimone, gli ha consentito di raccontare con continuità e passione, rigore e leggerezza, ii Settantasette a Bologna.
II suo lavoro ci ha lasciato un archivio visivo davvero unico, che ii fotografo ha digitalizzato e reso accessibile sul proprio sito internet enricoscuro.it, suddividendo ii materiale in gallerie di immagini con un ordinamento cronologico e tematico.
lo ho sempre trovato particolarmente interessante la galleria denominata Scritte al Dams occupato ed e proprio attorno a questo “servizio”, realizzato ii 16 febbraio, che ho pensato valesse la pena comporre un piccolo album.
Quello stesso giorno, negli stessi ambienti, Scuro documenta la creazione della maschera del Drago, con cui gli studenti (prendendo spunto anche dagli insegnamenti di Giuliano Scabia sul teatro popolare) hanno pensato di sfilare la domenica di Carnevale per aggirare l’annunciato divieto di manifestare in citta. Dopo la festa notturna del 19 febbraio, ii giorno seguente ii fotografo partecipa alla preparazione dei travestimenti personali: c’è anche la sua tra le facce dipinte e ritratte (alcune con pellicola a colori) per ii corteo di Carnevale.
II 20 febbraio, dunque, ii Movimento sfila in strada con ii fantoccio del Drago cinese e le maschere degli lndiani metropolitani. Scuro naturalmente en, col suo travestimento e la sua macchina fotografica. Nel nostro album troviamo solo tre immagini di quel corteo, mentre due sono le fotografie dedicate all’assemblea del 3 marzo in cui studenti e docenti del DAMS discutono se proseguire o meno l’occupazione. Lo studente-fotografo si sofferma su chi prende la parola, ma non perde ii fuoco sulle parole e sui disegni tracciati a muro.
Ma cosa c’è dunque di tanto interessante in questi muri scritti? In primo luogo, naturalmente i contenuti, i testi stessi, in vario modo graffianti o stralunati, ellittici o perentori, ingenui o minacciosi. Interessanti per ii richiamo esplicito ai fatti e ai personaggi dell’epoca (da Enrico Berlinguer a Umberto Eco), ai proclami e allo spirito del Movimento (Decreto lo stato di felicita permanente), alla sua vena autoironica (Una generazione che dorme 3 ore per notte e una generazione che si estingue in fretta) e anche profetica: Lavoro zero e reddito intero I tutta la produzione all’automazione.
Altrettanto significative mi paiono sia le invenzioni grafiche di writing, sia i disegni e le pitture murali vere e proprie. Dietro alcuni di questi lavori prodotti dagli studenti-occupanti del DAMS c’è forse la mano dei giovani maestri (Andrea Pazienza, Lorenzo Mattotti) che vivevano a Bologna in quegli anni. E qualche murale e stato infatti preservato nei locali dell’attuale Biblioteca di Geografia.
Da tale prospettiva, queste immagini di Scuro ci riconducono alla ricorrente propensione del medium fotografico a catturare le tracce grafiche più anonime ed effimere del paesaggio urbane, ma anche al suo potere di espandere e ridefinire ii territorio dell’arte, in particolare allorché la configurazione propriamente performativa dell’opera viene messa a fuoco da uno sguardo altrettanto animate.
Se alcuni studiosi si sono già soffermati sugli intrecci esistenti, in quegli anni, tra le nuove forme dell’agire politico e ii primate del corpo, dell’happening, nel fare-arte, Scuro a sua volta ha colto le analogie non casuali tra le sue fotografie delle scritte murali del Movimento del Settantasette e quelle dedicate alle opere degli artisti Fluxus (in particolare di Ben Vautier), esposte l’anno seguente a Bologna nella mostra Metafisica del quotidiano, alla Galleria comunale d’arte moderna.
II fotografo, d’altra parte, non si è limitato a documentare l’attivismo creative e performativo dei suoi coetanei e degli artisti dell’epoca; ha anche preso parte personalmente alle azioni sceniche che ha fotografato.
Pubblicato in occasione di BOoks Bologna art books festival / Festival del libro d’arte, a cura di Danilo Montanari e Lorenzo Balbi, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, 26 – 28 settembre 2025
SPECIALE PIER VITTORIO TONDELLI. 6 fotografie del DAMS ad illustrare il dialogo a distanza tra Tondelli e Umberto Eco, che era stato suo professore di semiotica al DAMS e il cui esame Pier Vittorio aveva raccontato in un brano di Un weekend postmoderno; a distanza di anni, per rendergli omaggio, Eco aveva risposto proprio sulle pagine della rivista Panta. Uno scambio tra maestro e allievo che vale la pena riscoprire.
Sceneggiatura: Anna Negri in collaborazione con Stefano Savona
produzioni: MIR Cinematografica, Videa Spa, Mediaart, Home Movies, AAMOD
Italia, 2025, 109′, colore
Anteprima: Giornate degli Autori, sezione autonoma e parallela della Mostra di Venezia, all’interno delle Notti Veneziane
24 fotografie d’archivio
«Toni, mio padre è un film molto personale, biografico e autobiografico, in cui il presente veneziano, girato da Stefano Savona, si intreccia con interviste, film di famiglia, fotografie e i miei filmati in Super8, girati dai sedici anni in poi. Questi materiali montati da Ilaria Fraioli e musicati da Giulia Tagliavia, raccontano una storia personale in cui ha fatto irruzione la Storia ufficiale, evocata attraverso repertori televisivi e testate giornalistiche.
La sfida per me è stata riuscire a raccontare una vita così stratificata, individuandone i tratti essenziali. Potevo finalmente cercare di capire quella mentalità rivoluzionaria dello scorso secolo e porre domande sull’eticità della violenza o su come si attraversa una sconfitta. La nostra relazione, che costituisce un racconto in parallelo, forse più avvincente, è così diventata quel dispositivo narrativo che permette di fare emergere temi universali come il conflitto tra ideologia e vita e anche quello tra generazioni e generi. (Anna Negri)
Quando Anna aveva quattordici anni, suo padre è stato arrestato e accusato di essere il capo occulto del terrorismo italiano, accuse da cui anni dopo è stato prosciolto. Dopo quattro anni di prigione e quindici di esilio, Toni Negri è diventato un pensatore di fama mondiale, e il suo arresto solo un capitolo di una vita fuori dal comune. Ma per Anna, questa storia ha lasciato un’impronta indelebile. Il film diventa così il racconto delle ferite di due generazioni, insieme intime e collettive.
Francesco “Franz” Lo Duca Guai a chi ci tocca I “ribelli di marzo” nella Bologna del ’77 Red Star Press, 2025
Pagine 116 Formato cm 13 x 20
Correva l’anno 1977. Cifre destinate a restare scolpite nella storia di ciò che non può essere letto nei libri qualunque, ciechi e sordi di fronte alla realtà di un movimento che, in tutta Italia, cresceva e si organizzava in mille modi diversi ma con un solo obiettivo: cambiare lo stato di cose presente.
A Bologna, cuore pulsante del fermento politico, artistico e sociale, il cambiamento a cui è dedicato il romanzo di Francesco “Franz” Lo Duca, ha il volto di Rocco, uno studente tra i tanti e le tante che affollano i portici intorno a piazza Verdi. Ragazze e ragazzi come Carlotta, Jack e come Francesco Lorusso, iscritto a Medicina, in prima linea nei cortei e durante le manifestazioni: sempre e anche quel maledetto 11 marzo, quando i carabinieri aprirono il fuoco lasciandolo morto sul selciato. Un giorno a partire dal quale niente sarebbe più stato come prima.
Francesco “Franz” Lo Duca
Nato a Ferrara il 5 settembre del 1954, attivista fin dai tempi della frequentazione del liceo Minghetti a Bologna e fondatore del collettivo Mucchio Selvaggio, fu tra i protagonisti del movimento del ’77 ma anche anima delle iniziative culturali che resero il capoluogo emiliano un punto di riferimento della new wave nel corso degli anni ottanta. Laureato in Giurisprudenza, partecipò alla nascita del Centro di Documentazione Lorusso-Giuliani e, come istruttore di arti marziali, diede un contributo fondamentale alla crescita dello sport popolare a Bologna. Appassionato uomo di mare e skipper, pubblicò il libro di viaggio Atlantico in retromarcia nel 1997 prima di scrivere Guai a chi ci tocca. Sorpreso dalla malattia, muore a Bologna il 24 maggio del 2013.
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna Bologna, 6 febbraio – 7 settembre 2025 a cura di Lorenzo Balbi e Caterina Molteni
L’esposizione Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana tra XX e XXI secolo allestita in occasione del 50esimo anniversario della fondazione della Galleria d’Arte Moderna di Bologna, presenta più di 100 opere e documenti d’archivio di oltre 70 artisti, attraversando un arco di tempo di circa settant’anni e proponendosi di ripercorrere la storia dell’arte italiana tramite il tema dell’ironia.
Ironico di per sé, il titolo della mostra richiama l’apparente semplicità del fenomeno svelandone al contempo l’intrinseca complessità. Una contraddizione che diventa gioco a tutti gli effetti e che invita il pubblico a interrogarsi sulla natura del linguaggio, sui luoghi comuni che lo accompagnano e, allo stesso tempo, sul modo in cui questi influenzano la nostra osservazione e interpretazione del mondo che ci circonda.
Enrico Scuro è il fotografo che ha documentato la storia del Movimento del Settantasette a Bologna, dalle manifestazioni alle iniziative dell’ala più creativa che assunse l’identità degli Indiani Metropolitani, a cui lui stesso aderì. Il 20 febbraio 1977 gli studenti approfittano della domenica di carnevale per aggirare con un espediente il divieto di manifestare: un drago cinese in tessuto, preparato nella sede occupata del Dams, viene condotto per le strade in un’atmosfera di festa. L’happening fu ispirato dagli studi e dalle lezioni sul teatro popolare e sulla comicità carnevalesca tenute in università da Piero Camporesi, Giuliano Scabia e Gianni Celati. Il drago diverrà un emblema dell’anima più gioiosa e irriverente del movimento (in un’altra foto che Scuro scattò in quei giorni si vede campeggiare su una parete del Dams la scritta «Decreto lo stato di felicità permanente») e apparirà in altri cortei dei mesi successivi. Poco tempo dopo la parata del drago, in data 11 marzo, avverrà il tragico episodio dell’uccisione da parte di un carabiniere dello studente e militante di Lotta Continua, Francesco Lorusso, che porterà alla deflagrazione dello scontro con le istituzioni e al tramonto dello spirito di quello che era stato definito DadaDams. [FA)
La mostra è organizzata in macro-aree tematiche, utili nell’illustrare le diverse declinazioni dell’ironia e la trans-storicità del fenomeno: il paradosso, il suo legame con il gioco, l’ironia come arma femminista di critica al patriarcato e all’ordine sociale italiano, la sua relazione con la mobilitazione politica, l’ironia come forma di critica istituzionale, come pratica di nonsense e infine come dark humor.
Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana del XX e XXI secolo A cura di Lorenzo Balbi e Caterina Molteni Allemandi, 2025
Dimensioni: 24 x 28 cm Pagine: 288 Illustrazioni: 150 Lingua: Inglese e Italiano
L’ironia è il filo conduttore che attraversa decenni di produzione artistica italiana, rivelandosi come una strategia estetica e critica ricorrente.
Dagli anni cinquanta a oggi, con alcuni fondamentali antefatti, rappresentati dalle opere di grandi maestri del Surrealismo e della Metafisica, il catalogo ripercorre la storia dell’arte italiana tra xx e XXI secolo tramite diversi ambiti tematici. Raccontate dai curatori e con i contributi di studiosi e artisti, le sezioni illustrano le diverse sfumature del processo ironico e le sue applicazioni in ambito artistico.
Artiste e artisti in mostra Carla Accardi, Vincenzo Agnetti, Enrico Baj, Nanni Balestrini, Riccardo Baruzzi, Mirella Bentivoglio, Tomaso Binga, Luther Blissett, Alighiero Boetti, Monica Bonvicini, Benni Bosetto, Marcella Campagnano, Maurizio Cattelan, Guendalina Cerruti, Giuseppe Chiari, Daniela Comani, Roberto Cuoghi, Giorgio De Chirico, Giuseppe De Mattia, Gino De Dominicis, Antonio Donghi, Donne/Immagine/Creatività, Lia Drei, Pablo Echaurren, Roberto Fassone, Lara Favaretto, Giosetta Fioroni, Chiara Fumai, Alberto Garutti, Aldo Giannotti, Piero Gilardi, Piero Golia, Gruppo XX, Ketty La Rocca, Sergio Lombardo, Arrigo Lora Totino, Lina Mangiacapre, Piero Manzoni, Lucia Marcucci, Eva Marisaldi, Eva & Franco Mattes, Fabio Mauri, Maurizio Mercuri, Marisa Merz, Aldo Mondino, Liliana Moro, Bruno Munari, Giulia Niccolai, Valerio Nicolai, Giancarlo Norese, Luigi Ontani, Rosa Panaro, Clemen Parrocchetti, Pino Pascali, Diego Perrone, Cesare Pietroiusti, Marinella Pirelli, Michelangelo Pistoletto, Paola Pivi, Lisa Ponti, Emilio Prini, Carol Rama, Silvia Rosi, Cinzia Ruggeri, Salvo, Alberto Savinio, Greta Schödl, Lorenzo Scotto di Luzio, Enrico Scuro, Davide Sgambaro, Adriano Spatola, Aldo Spoldi, Alessandra Spranzi, Valentina Tanni, Federico Tosi, Franco Vaccari, Francesco Vezzoli, Patrizia Vicinelli, Italo Zuffi.
Enrico Deaglio C’era una volta in Italia. Gli anni Settanta Feltrinelli, 2024
Un grande racconto di storia e di costume, di un’Italia violenta e tragica, allegra, folle e misteriosa. Un’Italia che non sarà più la stessa.
Dove eravamo rimasti? Allo scoppio di quella bomba a Milano che fece finire gli “innocenti” e “favolosi” anni sessanta. Cominciava un nuovo decennio, e il futuro aveva cambiato padroni. Gli anni settanta, secondo volume di una storia italiana che proseguirà fino ai giorni nostri, vivono ancora oggi nella memoria e nel tumulto: accanto a notevoli e veloci cambiamenti politici (l’ascesa del Pci) e sociali (le leggi sull’aborto e sul divorzio, la chiusura dei manicomi e l’obiezione di coscienza), videro una drammatica svolta violenta, passata sotto il nome di “anni di piombo”.
L’eversione di destra mette bombe in treni, stazioni, università e prepara numerosi colpi di stato; gruppi criminali – banda della Magliana, Cosa nostra, P2, l’allora sconosciuta ’ndrangheta – si associano al potere e fanno i “lavori sporchi”, e una parte della sinistra rivoluzionaria sceglie la via della lotta armata con risultati imprevisti, sanguinari e irripetuti in Europa. E ancora: in un’inaudita degenerazione del vivere civile, 387 persone vengono rapite e con i soldi dei riscatti l’Anonima sequestri plasma “il modello di sviluppo” del paese. Gli anni settanta ci vedevano manifestare insieme a Berlinguer, Pannella, Franca Rame e Dario Fo, partecipare a troppi funerali civili, marciare per i diritti delle donne e contro la guerra, ballare il Tuca Tuca di Raffaella Carrà, crescere leggendo La storia di Elsa Morante, cantare sulle note di Rino Gaetano, Dalla e De Gregori.
Al cinema si rideva amaramente con Fantozzi, Gian Maria Volonté era il volto dell’impegno, Fellini vinceva l’Oscar con Amarcord e gli scherzi grevi di Amici miei erano emulati nelle stazioni. Il lavoro cominciava a mancare, gli studenti iniziavano a pensare al loro futuro e il paese era scosso dal terrore delle stragi, dai sequestri e dalle bombe: il mondo sembrava dividersi tra chi voleva cambiare tutto e chi difendeva con le unghie e con i denti il vecchio ordine. E poi, a poco a poco, la speranza ha lasciato il posto alla disillusione: il sogno della rivoluzione si è scontrato con la violenza nelle strade. Se ne sono andati Pier Paolo Pasolini, Peppino Impastato, tanti giovani sono stati uccisi e Aldo Moro è stato abbandonato e lasciato morire… Gli anni settanta finirono con la sensazione che qualcosa si fosse spezzato, che quel futuro possibile si fosse allontanato per sempre. Eppure, è stato proprio allora che abbiamo imparato cosa significa lottare, amare e credere in un mondo diverso, almeno per un po’.
Enrico Deaglio Laureatosi in Medicina a Torino nel 1971, comincia poi la carriera da giornalista della carta stampata e della televisione negli anni settanta, presso il quotidiano «Lotta Continua», di cui è stato direttore dal 1977 al 1982. Successivamente lavora in numerose testate tra cui «La Stampa», «Il Manifesto», «Epoca», «Panorama», «L’Unità». Tra il 1985 e il 1986 è direttore del quotidiano «Reporter» e collaboratore del quotidiano «La Stampa» di Torino. Alla fine degli anni Ottanta comincia a lavorare come giornalista televisivo per Mixer: segue in particolare le vicende della mafia in Sicilia e viene inviato per programmi di inchiesta in vari paesi. Negli anni novanta conduce vari programmi d’inchiesta giornalistica di attualità su Raitre, tra cui: Milano, Italia (gennaio-giugno ’94), Ragazzi del ’99 (1999), Così va il mondo, Vento del Nord e L’Elmo di Scipio. Dal 1997 al 2008 dirige il settimanale «Diario». Oltre ad alcune opere di narrativa, ha pubblicato vari libri-inchiesta tra cui La banalità del bene – Storia di Giorgio Perlasca (Feltrinelli), Patria 1978-2008 (il Saggiatore). Tra gli ultimi suoi lavori si ricordano: Il vile agguato (Feltrinelli), Storia vera e terribile tra Sicilia e America (Sellerio), La zia Irene e l’anarchico Tresca (Sellerio), La ferita del secolo scorso (Feltrinelli), La bomba. Cinquant’anni di Piazza Fontana (Feltrinelli), Patria 2010-2020 (Feltrinelli), Cose che voi umani (Marsilio) e C’era una volta in Italia. Gli anni sessanta (Feltrinelli).
Un evento chiave durante la fiera Paris-Photo, è una fiera parigina di fotografia vintage che riunisce ogni anno commercianti, galleristi, collezionisti ed esperti internazionali. 24.39 vanta stampe vintage che spaziano dagli albori della fotografia nel 1839 alla fine del ventesimo secolo. La fiera offre un’ampia selezione di opere da scoprire, sia eclettiche che varie, a volte poco conosciute, spesso meravigliose e sempre sorprendenti. 24.39 (in precedenza nota come Photo Discovery the Fair!) è rapidamente diventata un evento imperdibile per professionisti e amatori: un appuntamento unico per aiutare a creare le collezioni più insolite e distintive. 24-39.com
45 Photographs | s.t anthology n.1
In occasione della 24.39 Classic Photography Fair la prima uscita di s.t. anthology: il meglio del nostro inventario, con 45 fotografie di altrettanti autori insieme a una selezione dei nostri classici preferiti.
L’intermedialità in età moderna e contemporanea Christoph Cornelissen, Massimo Rospocher (a cura di) collana “Quaderni dell’Istituto storico italo-germanico in Trento” il Mulino, 2024
La tendenza degli studi recenti di storia della comunicazione è stata quella di considerare la varietà, la coesistenza e la natura sistemica dei media nella società moderna e contemporanea. Termini come media system, ecosistema dei media o media ensemble sono così diventati familiari per gli storici.
Un ulteriore passaggio, rispetto a questa concezione multimediale della comunicazione, si è verificato più recentemente. Forse anche come riflesso della società mediatica in cui viviamo, dominata da forme di comunicazione sempre più ibride, la comunicazione non viene più rappresentata solo come un universo multimediale – dove stampa, manoscritto, oralità, musica, performance, immagini, suoni e video coesistono –, ma piuttosto come un ecosistema intermediale – all’interno del quale i media interagiscono spesso sovrapponendosi, modificandosi o sostituendosi l’uno con l’altro.
Il concetto di intermedialità non appare più oggi solo un ostico neologismo ma comincia a essere impiegato ‘sul campo’ dagli storici. Nel presente volume studiosi dell’età moderna e contemporanea utilizzano questo concetto come chiave di lettura per interpretare fenomeni sociali, politici e culturali, fornendo una serie di esempi di applicazioni concrete di un approccio intermediale alla comunicazione in diversi ambiti storiografici
Christoph Cornelissen è professore di Storia contemporanea presso l’Università di Francoforte sul Meno e già direttore dell’Istituto Storico Italo-Germanico della Fondazione Bruno Kessler dal 2017 al 2023. I suoi principali ambiti di ricerca riguardano la storia dell’Europa nel XIX e XX secolo, la storia della storiografia e la storia della cultura della memoria.
Massimo Rospocher è direttore dell’Istituto Storico Italo-Germanico della Fondazione Bruno Kessler dal febbraio 2023. I suoi interessi di ricerca comprendono la storia della comunicazione, la storia urbana dell’età moderna e la storia culturale e sociale europea.
L’intermedialità in età moderna e contemporanea
INTRODUZIONE
L’intermedialità nell’età moderna, di Daniel BELLINGRADT e Massimo ROSPOCHER
Intermedialità. Riflessioni sull’utilità del concetto per la storia contemporanea, di Christoph CORNELISSEN
L’INTERMEDIALITÀ IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA: DALLA TEORIA ALLA PRATICA
Visualità e intermedialità nell’età moderna. Tracce di una ricerca interdisciplinare, di Birgit EMICH
Media e mobilità: circolazione di informazioni lungo la via di pellegrinaggio nel Rinascimento, di Sandra TOFFOLO
La musica di strada tra oralità, stampa e manoscritto: controllo e repressione. Il caso di Domenico de’ Pieri, Venezia 1785, di Umberto CECCHINATO e Massimo ROSPOCHER
Per diletto, per scherzo, per la salvezza delle anime. Colloqui di confessori e penitenti fra letteratura e teologia, oralità e scrittura (secoli XV-XVII), di Fernanda ALFIERI e Matteo LARGAIOLLI
Scritture d’affari: libri di conto, «tessere» e «node da legno». Per uno studio dell’intermedialità nell’Europa della prima età moderna, di Katia OCCHI
La Compagnia di Gesù rappresenta sé stessa. Il caso degli Stati Uniti dopo la soppressione, di Claudio FERLAN e Seth MEEHAN
Per una storia della comunicazione giuridica. L’orizzonte intermediale della normatività, di Manuela BRAGAGNOLO e Maurizio CAU
Il microfono aperto. L’intermedialità nella radio degli anni Settanta, di Nikolaus FREIMUTH
Rappresentare il pontefice: il sistema mediatico vaticano (1939-1958), di Camilla TENAGLIA